venerdì 9 marzo 2012

La musica contemporanea è morta? Alla Rivolta!


Va bene, parliamo di musica contemporanea. Lo sfogo di Renato Rivolta, importante direttore d'orchestra italiano con una visione dall'interno del mondo della produzione d'oggi, oltre a dare l'impulso alla nascita di /nu/thing, rimette al centro della discussione la questione terminologica. Musica contemporanea, (Mus. Cont., come preferisce Rivolta) è il termine utilizzato per etichettare la musica colta, con tutti i problemi che ne sono conseguiti. Rivolta parla di fine della musica contemporanea e in particolare di fine della Neue Musik. Tanto meglio. La Neue Musik è stata quello che è stata l'Ars Nova, ed è finita. Questo però non ci esime da scrivere musica e di farlo in modo colto, riflettuto e intelligente. Anche critico verso tutto il mondo sonoro, come ogni intellettuale. Il fallimento della Neue Musik non è per forza un fallimento intellettuale tout court. È il fallimento della filosofia critica, dell'adornismo, della svolta linguistica. Insomma, smettiamola di parlare di linguaggio e parliamo di musica. Ovunque in Europa siamo ancora vittime (sempre meno), dell'ideologia del linguaggio. Le prime vittime sono i compositori, in seguito il pubblico (vessato) e via di seguito tutto il resto. Parliamo senza vergognarci di musica colta, facendo discorsi comprensibili senza rinunciare alla difficoltà. Non rinunciamo al contrappunto sapiente. Che cosa distingueva un mottetto di Palestrina da uno stornello? Il dettaglio, la cura, la sapienza, l'esperienza, la mano, il talento e la sensibilità: il mottetto è musica scritta, pensata. Quando useremo ancora queste categorie, tra tante altre, per pensare e giudicare un brano? Il compositore è un musicista colto, è formato e capace di formarsi e di inglobare il mondo sonoro nel suo linguaggio, se vuole. Fausto Romitelli è sempre stato visto come un postmoderno, e lui scalciava. Non era postmoderno! Il passaggio dal latino alle lingue romanze non è passato da una commistione con il volgare, fatta da grandi scrittori? Il passaggio a un linguaggio più moderno e nuovo, forse solo più adatto, non può che passare anche attraverso molti stimoli, tra cui la stragrande maggioranza di musica prodotta oggi, che è elettronica. Romitelli non è postmoderno ma moderno. Quindi lasciamoci da parte i discorsi come quelli un po' nostalgici che Rivolta ci rivolge. Voltiamo pagina e parliamo di musica, possibilmente nuova.

6 commenti:

  1. D'accordo quasi su tutto! Due punti che non condivido:
    1. Non credo che la "svolta linguistica" sia fallimentare, almeno non più fallimentare della "svolta atonale". Entrambe sono aperture di sguardo, poi ciascuno le declini come vuole.
    2. Non sono così convinto che brani che rientrano nel calderone dello "scritto e pensato" richiedano una prospettiva di giudizio diversa rispetto a brani che ne restano al di fuori. Da un certo punto di vista anzi auspico che lo "scritto e pensato" ritrovi una dimensione sensoriale, quasi "tattile", o più in generale "performativa". Il che non vuol certo dire abolire l'astrazione, ma farla interferire con l'aspetto più istintivo del far musica. Questo però più che una critica è davvero un dubbio, e può darsi anche che abbia frainteso le tue parole.

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  2. Molto interessante Eric, condivido.
    La nostra sensibilità ci ha portato ad indignarci fino a voler fondare questo blog per esprimere il nostro punto di vista, il nostro dissenso, e la nostra voglia di “parlare”.
    A chi dice che la “Mus. Cont.” sia defunta io consiglio di informarsi meglio sulla situazione non solo italiana ma europea in generale. Esistono decine di talentuosi compositori in Italia (per non parlare a livello internazionale) che con successo portano avanti delle linee di pensiero sufficientemente forti e interessanti per dare un segnale di freschezza a tutto l’ambiente musicale. E già il fatto che noi siamo qui a pulsare e fremere significa che siamo VIVI, VEGETI e in BUONISSIMA SALUTE!
    Crediamo profondamente in quello che facciamo, abbiamo dei sogni che si chiamano musica, respiriamo il nostro tempo cercando di reagire alle palesi difficoltà che ci attanagliano in questi anni tremendi.
    Ma ritengo che proprio dai periodi difficili possano emergere grandi novità, l’essere umano è abituato alle reazioni repentine proprio quando sembra che stia per esalare l’ultimo respiro.
    Forse possiamo ritenere che da un punto di vista istituzionale la musica “colta” (termine che io detesto, in quanto non ritengo ci siano partizioni culturali) stia attraversando un periodo di generale disamoramento da parte di molti. Non ci sono sovvenzioni adeguate, non esistono supporti finanziari per i giovani che intendono intraprendere questa strada, perfino nei conservatori non esistono corsi dedicati alla musica dei nostri giorni (e neanche del recente passato!).
    Credo che sia proprio nell’educazione il principale problema. In Italia i musicisti ignorano per gran parte del loro periodo di formazione che esiste anche una musica che si esprime in maniera diversa da Bach, Mozart, Chopin, Debussy, Rachmaninoff etc. Nelle scuole poi, c’è poco da dire, la musica è quasi del tutto ignorata.
    Non mi dilungo, ma credo che se il M° Rivolta intendesse parlare di musica contemporanea morta per via del linguaggio mi pare che già sia stato ampiamente accennato sulle pagine di questo blog, che tutti noi della nuova generazione auspichiamo ad un cambiamento radicale, e ognuno di noi si impegnerà con tutte le sue forze per far si che almeno artisticamente questa situazione di “incomunicabilità” possa presto cambiare, in meglio naturalmente.

    Inoltre, sono d’accordo con Daniele quando dice che la “svolta linguistica” non risulta assolutamente esser stata un fallimento, ma piuttosto vedo anche io in essa un’apertura di orizzonti. Così come avvenne in pittura all’inizio del ‘900, quando con l’espressionismo si è dato il via ad una serie di sperimentazioni di ogni sorta, fautori sensibili all’allargamento della percezione umana di molti parametri, colore, forma, pensiero.
    Concludo proprio con la citazione di un pittore: "Ho visto cose bellissime, grazie alla diversa prospettiva suggerita dalla mia perenne insoddisfazione, e quel che mi consola ancora, è che non smetto di osservare.
    Bisogna giudicare come massimo risultato non ciò che si è già realizzato, bensì ciò che si potrà realizzare in futuro. Diversamente è proprio inutile lavorare". (Edgard Degas)

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  3. "Gli uomini del Tempo Antico percorsero tutto il mondo cantando;
    cantarono i fiumi e le catene di montagne, le saline e le dune di sabbia.
    Andarono a caccia, mangiarono, fecero l’amore, danzarono, uccisero:
    in ogni punto delle loro piste lasciarono una scia di musica.
    Avvolsero il mondo intero in una rete di canto; e infine, quando
    ebbero cantato la Terra si sentirono stanchi.
    Di nuovo sentirono nelle membra la gelida immobilità dei secoli.
    Alcuni sprofondarono nel terreno, lì dov’erano. Altri ancora
    tornarono lentamente alle loro “Dimore Eterne”, ai pozzi ancestrali
    che li avevano generati. Tutti tornarono “dentro”."
    (Bruce Chatwin)

    Innanzitutto grazie a tutti voi per questo blog, per il linguaggio non troppo tecnico che utilizzate per parlare di musica per cui anche un "non addetto ai lavori" come me, può trarne informazioni in modo piacevole!!
    Tento di esporre il mio pensiero partendo da una citazione perché mi viene più semplice, in questo modo, barcamenarmi in un terreno che non è il mio, o forse lo è, dovrei dire, lo è sempre stato, ma nessuno o pochi me l’hanno mostrato, sin da piccola, come un luogo –sempre attuale, atemporale oserei dire- da condividere. Fino a poco tempo fa la musica, quella che antipaticamente viene definita “colta”, era per me una scatola di segreti vecchia e impolverata, un cubo di Rubik il cui linguaggio era difficile da comprendere già in partenza.
    Se ci mettiamo un paio di occhiali adorniani credo anche io che la musica contemporanea possa essere letta, in modo nichilistico, come una fase di transizione, destinata a morire – visione, a mio avviso, molto limitante – ma quello che mi chiedo è se non si dia superficialmente troppo peso all’aggettivo “contemporaneo”, piuttosto che al sostantivo: la musica. Forse bisognerebbe davvero smetterla di pensare esista una musica da leggere solo sotto il profilo storico – che è poi l’approccio meno piacevole, per certi versi, più “accademico” – e riscoprire la sua dimensione archetipica, atemporale per l’appunto, che la rende una compagna d’avventura per tutti, in tutte le sue pieghe, nei suoi cambiamenti, nella sua evoluzione. Per questo motivo mi sembra assurdo parlare di morte della musica contemporanea, semmai è la morte della cultura musicale tutta, che non si insegna più, che non entra più nelle scuole, nei luoghi educativi in generale, nella sensibilità del soggetto comune che non è più abituato a considerare la musica come parte della propria formazione personale, oltre che culturale.
    Infine, per quanto riguarda il compositore, forse è bene che si scrolli di dosso un po’ del suo tecnicismo, in contesti in cui la musica ha bisogno d’essere avvicinata come “être vivant”, come lo chiamava Grisey, piuttosto che come uno scheletro del quale se ne riconoscano, una per una, le ossa – ma forse, mi sono detta, non è nemmeno compito del compositore fare pedagogia attraverso la musica e “per” la musica.
    Certo resta il fatto che qualcuno che crede che l’arte non muoia – ma che eventualmente, si esprime in modi differenti nel suo continuo rigenerarsi– possa accettare la sfida di educare a quel “dentro”, di cui parla la citazione, da cui tutti proveniamo: quei pozzi ancestrali, e la musica ne è un esempio, che da sempre costituiscono una Natura di cui l’essere umano fa parte.

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  4. Vorrei solo reagire al concetto della vita e della morte nell'arte, che per me non ha senso.

    Per illustrare questo, vorrei fare riferimento all’ arte che io conosco meglio, la danza. La danza contemporanea è nata con la coreografa Isadora Duncan all’inizio del XX secolo. Isadora ha completamente liberato l'espressione artistica del danzatore: il movimento è diventato un mezzo di espressione dell’anima. La danza di oggi é basata su questo postulato.

    Come ha fatto Isadora a riuscire in questa rivoluzione? "Resuscitando" una danza "morta". La danza della Grecia antica, che é descritta sui bassorilievi dei templi greci. Isadora ballava come una dea solamente vestita con una toga. E la sua danza é “contemporanea”!

    L'arte è eterna, è l'opposto della morte.

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  5. Mi piacciono molto i vostri post. Personalmente credo di scrivere principalmente musica ma non sono del tutto sicuro di non scrivere musica contemporanea, dunque, se io scrivo, la musica contemporanea non è morta.

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  6. Sono d'accordo con Raffaele, quando evidenzia un'emergenza educativa in Italia. Parliamoci chiaro: gran parte del '900 è poco studiato, se non ignorato da studenti e docenti.
    Se poi guardiamo oltre ai confini dell'accademia e delle istituzioni, la situazione peggiora: il "popolo" non ha una cultura musicale.
    Ho ancora in testa il ricordo di una 9a Sinfonia di Beethoven in un concerto a prezzi popolari, quando il pubblico applaudì a metà del 4° tempo, proprio prima del tempo di marcia (e successivi shhh! di parte del pubblico).
    La gente conosce l'"Inno alla gioia", ma non sa che quella melodia dura 2 minuti, e poi c'è un'altra ora di musica quasi sconosciuta. Ed è Beethoven, figuriamoci il '900 e i tempi attuali.
    Si, per me il problema è educativo, serve un'educazione musicale nelle scuole (seria) e un cambio di rotta nei luoghi accademici.

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