Il brano che vi propongo per questo lunedì è Mnemosist S, di Yannis Kyriakides, nella versione dell'ASKO ensemble. Si tratta di un lavoro che lega in un collante ritmico sintesi elettronica, ensemble, video e testo.
Il primo punto importante è la questione del ritmo. Questo brano è emblematico di una concezione che ritorna a pensare al ritmo sulla base di una vera griglia, intesa come struttura a partir dalla quale ogni variazione è una presa di libertà. Questo mi pare anche una cifra comune a moltissimi compositori degli ultimi anni, nonché un fatto positivo: una certa datata concezione del ritmo come successione di intervalli temporali non tiene conto del fatto che la percezione ritmica è secondo me (come la percezione delle altezze) basata fortemente su criteri frequenziali. Da cui, appunto, l'importanza di evitare i "grigi" ritmici (in linea di principio, in linea generale, al netto di casi specifici). Le prese di libertà dalla griglia, o gli sfasamenti a livello di una sottogriglia, acquisiscono nel pezzo una potenza notevole (come gli "accenti" delle percussioni), pur restando estremamente semplici. I momenti di switch tra le sezioni, funzionano perfettamente. Esattezza, precisione.
Il secondo punto importante sta, a mio modo di vedere, nella sonorità: la sintesi e l'ensemble si uniscono in un qualcosa di molto coerente. Non è poi così scontato, e conosco pochi altri esempi così riusciti. In ogni caso, credo che il pezzo vada verso un'idea di musica mista che è completamente anti-accademica e completamente anti-cameristico. Ancora una volta, tra l'altro, si ripropone la questione della destinazione primaria: diffusione su supporto elettronico o live?
Infine, il rapporto tra musica e testo mi sembra molto personale e interessante (Kyriakides tra l'altro ha fatto altri lavori simili). Sarà forse che ciò che mi tocca è la sua meta-musicalità. Il testo è tratto da "The Mind of Mnemosist" di Aleksandr Luria, ed è basato sullo studio di un mnemosista russo Russian, Solomon V. Shereshevskji. In ogni caso, trovo che la relazione che si crea è perfettamente equilibrata: non si tratta di una sonorizzazione di un racconto, non si tratta di parole appiccicate a un brano. Confesso per contro di non amare sempre il video (al di là della compressione talvolta terribile…), specialmente quando diventa meno minimale. Se si perde la minimalità del bianco sul nero (o al limite l'utilizzo di uno o due colori), e la quasi-staticità delle parole, allora mi chiedo se il video non avrebbe potuto essere fatto in maniera più interessante da un vero video-artista.
Ma al di là di questa considerazione, incidentale e veniale, trovo che il brano si nutra favorevolmente di retaggi che ci continuano (chi più chi meno) a influenzare: minimalismo, spettralismo, rock, pop, una certa musica elettronica, e arriverei a dire (senza offesa alcuna, anzi con una certa invidia) persino videogames. (Non faccio fatica ad immaginarmi lo stesso tipo di trattamento ritmico-visuale applicato ad un videogioco invece che a un video testuale!)
Ciao. La cosa in effeti interessante, che condivido con la scrittura è l'approccio al tempo (pulsazione?) come griglia piuttosto che come intervallo. Trovo anche io che la percezione funzioni in questo modo. Anche la sintesi funziona bene, ma non capisco l'idea anti-camerista. Rimane però per me il dubbio che dal vivo il pezzo sia ancora più annoiante che in video. A me personalemente annoia molto. 5 minuti mi sembrano lunghissimi e aspettarne ancora 5 per la fine mi è sembrato interminabile. Funziona dal vivo?
RispondiEliminaGuarda, io mi ricordo che dal vivo mi aveva colpito molto di più che da Youtube, e non mi aveva annoiato per nulla (ma non mi annoia in realtà nemmeno la registrazione). Era diversi anni fa, però, e tante cose influiscono dal vivo (non ricordo, ad esempio, se gli altri pezzi del concerto erano così noiosi che questo è stata una botta di vita... proprio non ricordo). Andrea Sarto & Agostini erano pure a quel concerto, e possono confermare o smentire...
RispondiEliminaNon so, io ho adorato questo pezzo in concerto e lo adoro ancora rivedendolo oggi. Senza riserve. Da molti punti di vista, è un buon esempio del mio ideale di "musica d'oggi": incluso il rapporto con il video. E devo dire che non mi danno nessun fastidio - anzi, me li godo proprio - i momenti in cui il video si stacca dall'icasticità del testo statico in bianco e nero. Per cui sinceramente Eric non sono affatto d'accordo con te.
RispondiEliminaPerò, Daniele, non capisco bene cosa intendi con "anti-cameristico"...
Rispondo volentieri con una mezza battuta: forse un pezzo così funziona meglio in un hangar (con una buona acustica) che in una camera! :-)
RispondiEliminaIl brano in sé mi sembra piuttosto godibile...
RispondiEliminal'ho ascoltato 3 volte, la prima col video, la seconda senza, e la terza nuovamente col video...
effettivamente per me, senza il supporto visivo, mi genera dopo 5-6 minuti una sensazione, non di noia, ma di stanchezza.
Per quanto mi riguarda la ripetizione costante è un elemento troppo abusato e caratterizzante e onestamente non so se questo possa essere l'ideale della "musica d'oggi" o di domani, ma sinceramente spero di no...
Ciao. Il pezzo mi annoia nel senso che non sento un'atmosfera, o un particolare calore dell'interprete. Si fa ascoltare, ma rimane li dove è. La stanchezza arriva anche a me a 5 minuti, e non si muove da dove é. Forse più sforzo compositivo. Non so, mi sembra un pò piacione!
RispondiEliminaEsatto Eric, "piacione" è un aggettivo che si confà perfettamente...
RispondiEliminacome AndreaA, il pezzo mi ha colpito molto al concerto. Mi piaceva soprattutto l'effetto di "voice off" suscitato dalla lettura - mentale - del testo., e che forse era davvero il punto forte del pezzo.
RispondiEliminaDel concerto che Daniele citava ricordo di aver assistito a parte delle prove. Ammetto che lo "choc" fu molto maggiore che nella versione disponibile su youtube, forse perché la presenza del video non è così scontata nelle sale da concerto e sicuramente perché l'effetto della lettura richiamato da Andrea Sarto fu per me piacevolmente destabilizzante. Non concordo sulla dimensione non-cameristca; il livello di fusione tra sorgenti acustiche e elettroniche era un elemento interessante e funzionale alla percezione delle tensioni formali, in questa registrazione ad esempio manca un po' il senso di frizione che l'acustico dava in concerto, c'era nella versione live una sorta di storia nella storia: l'acustico che "soffriva" la gabbia ritmica implacabile dei suoni di sintesi. Il brano mi piace, anche se non riesco sempre a svincolarlo da un contesto goegrafico. Trovo sia molto olandese, e forse è questo che non me lo fa dispiacere. Con Eric si è accennato alla necessità di schierarsi, beh trovo che Kyriakides riesca a coniugare in questo lavoro una autenticità di fondo con una interessante visione sul minimal nord-europeo, che sempre più frequentemente sposta i propri punti di appoggio oltreoceano. Talvota in questo blog si è parlato di post-x, ecco, trovo che in questo caso sia contemplabile una lettura "post-" e al contempo mi sorprende quanto questo possibile sguardo (che molto spesso è portatore di negatività) non tradisca la freschezza e l'efficacia del lavoro. Un genuino "post-", chissà...
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