mercoledì 11 luglio 2012

Fabrizio Rat Ferrero - Noisy Airs

Fabrizio Rat Ferrero, classe 1983, compositore e pianista. Da qualche tempo disdegna la scrittura in senso stretto perché preferisce fare album suoi e suonare quello che scrive. (http://www.fabriziorat.com)

Noisy Airs é un brano per grande ensemble eseguito in prima al Festival Musica di Strasburgo dall'orchestra dei diplomati del conservatorio di Parigi nel 2009.


Non ci sono complessi che bloccano l'immaginario in questo brano, c'è una diretta e franca immersione nel gusto e nell'esperienza personale che fa digerire tutto quel po' di musica contemporanea che Rat Ferrero ha nelle orecchie e nelle mani. C'è del Lachenmann di fondo, accompagnato da uno Strawinski un po' selvaggio e scanzonato. Non quello della Sagra, ma quello dei montaggi strani neoclassici, o della Sinfonia per strumenti a fiato. C'è anche tanta esprienza di musica fatta e sentita. L'improvvisazione, il lavoro sulla frase e sul tema che viene dal Jazz.
Il flusso musicale è bello quando dura poco, però flusso deve esserci. Il compositore deve illuderci che tutto vada per il meglio, che tutto sia sotto controllo; ma, ancora meglio, che si giri di lato e mostri il trucco per fare divertire e anche pensare sull'essenza fittizia, giocosa e profondamente irreale del comporre.

C'è una piccola filosofia in questo lavoro, così come una affermazione di personalità forte. Chi scrive era presente alla prima esecuzione, e vi assicuro che non ricordo nulla degli altri brani, e non perché Fabrizio sia mio amico.
Rat Ferrero dunque afferma il suo gusto, primo gesto compositivo essenziale, e lo fa chiaramente, senza nascondersi, magari mettendo in difficoltà chi lo aveva programmato pensado di ascoltare il solito pezzettino da bravo studente quasi diplomato al conservatorio superiore. Invece ci si trova di fronte a un compositore maturo, che dice la sua senza mezzi termini.

La piccola filosofia consiste nel fatto che in fondo Rat Ferrero ci fa sentire due mondi, quello riposante della canzone e quello irriverente e cattivo del compositore che pensa a dove posizionare le sue cattiverie nel flusso, dove interromperlo e bloccarlo, magari proprio dove comincia a funzionare proprio bene.

Individuo delle proposte che mi sembrano degne di nota.

Lavoro tematico. Rat Ferrero costruisce la canzone (cosa che è stata la più complicata da fare), la sviluppa con antecedenti e conseguenti, ponti e riprese, per distruggerla con virtuosismo timbrico che mi sembra da sottolineare.

Disfunzioni. La logica estrema della forma canzone, estrema perché è tra le forme quella più facile a ritenere e a seguire, è bloccata di continuo, senza pietà. La construzione è funzionale, ma funzionale alla disfunzione.

Simulazione di costruzione logica attraverso il tema, la canzone, per tradirne la linea e mostrarne la non sussistenza.

Il gioco con le emozioni. La musica è anche emozione, al compositore dosarla. Qualcuno evoca l'emozione attraverso la velocità, il volume, altri con la linea e l'armonizzazione. Qualcuno evoca l'emozione dell'ascolto, il presentarsi inatteso dell'evento sonoro, altri la costruiscono nel tutto, e l'emozione è l'effetto che resta alla fine, non pezzo a pezzo. In Noisy Air l'emozione è quel di più che crea la dissonanza con gli elementi disparati, a me semba construita su procedimenti armonici. Il tempo di accarezzarti un po' nel senso del pelo per darti una mazzata. Mica male. Manganelli diceva che la letteratura è menzogna: la musica anche. Però ci vuole un bel po' di genuinità per dirlo e per affermare, nella falsità, che costruiamo qualcosa di vero del compositore. Secondo me Rat Ferrero ha la faccia della musica che scrive.

Dico una cosa. Secondo me è un bel pezzo, da cui prendere esempio per la personalità e la leggerezza con cui ci racconta di se stesso e del suo rapporto alla musica, senza tediarci. Un solo problema per me, il pezzo è un po' troppo lungo.

22 commenti:

  1. Bravo Eric, post molto bello che apre a tematiche decisamente accattivanti, una su tutte: la commistione di generi.
    Credo che oramai sia una sensazione e un desiderio comune quello che ci sta trasportando tutti verso una sempre più crescente voglia di "fusione", di toccare e fare nostri ambienti sonori diversi; il che significa voler misurarsi anche su altri piani di ascolto, aldilà del "vecchio" preconcetto dello "stile personale" che una certa scuola di "musica contemporanea" ci ha inchiodato indelebilmente nel cervello. Se pensiamo ad artisti del passato di area pop, rock o jazz ci sono molti esempi di personaggi musicali che cambiavano "stile" (se così si può dire) da un disco all'altro, senza mai autocitarsi o starsene sugli allori dorati... ma cambiando radicalmente e progredendo nel loro pensiero musicale. E' il caso ad esempio di Miles Davis, Frank Zappa o ad esempio il nostro caro Lucio Battisti (che per me è un mito!).
    Ben vengano pezzi come questi di Rat-Ferrero dunque!

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  2. La cosa che mi fa impazzire di questo pezzo è davvero la stupenda malvagità con cui il compositore si accanisce sulla canzone. In altri casi potrebbe sembrare una doppia strizzata d'occhi (tenere i piedi in due scarpe?); in questo caso no: nessuna strizzata d'occhio, solo schiettezza (per dirla come direbbe Eric), e una certa dose di presa di rischio, che dà sempre un valore aggiunto alle battaglie. Anche il mio unico appunto è sulla lunghezza: mi pare un po' poca carne al fuoco per così tanti minuti. Per il resto, avercene di pezzi così.

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  3. Mah, non sono così d'accordo sul discorso della lunghezza.
    Sarà che io ultimamente oramai scrivo solo pezzi che durano 20 minuti(!!)....ma mi sembra che questo pezzo abbia il respiro necessario per meritare la durata che ha...

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  4. Ola. Sono contento che il pezzo di Fabrizio vi stimoli. Sulla durata in effetti è solo un appunto. A me da la sensazione che si sgonfi alla fine. Ma in fondo è il dettaglio che non cambia l'interesse del pezzo. C'è commistione ma anche una pratica compositiva che non parte da tesi o preconcetti, si immerge e digerisce un mondo sonoro che è personale del compositore, che ci parla dei suoi gusti e dalla maniera di ascoltare quello che gli sta intorno. La cosa che mi colpisce è la forza diretta del discorso e che tutta la questione logica sul linguaggio non sia in primo piano come di solito nella musica contemporanea. Sicuramente c'è, ma non è più l'oggetto del discorrere. Per me la questione è fondamentale. Comporre per dire qualcosa che vada al di là della musica.

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  5. Non sono d'accordo con te Eric quando dici che "la questione logica sul linguaggio non è in primo piano". Secondo me lo è e come, anzi, è talmente forte e dichiarata che crea le basi per la schiettezza di cui parli. A me colpisce il fatto che per essere spietati e schietti e senza fronzoli (necessità estetiche che ammiro)... Fabrizio sceglie prima di tutto la tavola di cucina. Il pezzo è notevole come la personalità, ho ancora dei dubbi riguardo alla tavola scelta. Secondo me il rischio che si è preso è talmente raro nelle intenzioni, che verrà frainteso (vedi riferimenti alla fusion qui nel blog) in particolar modo dalle direzioni artistiche: la tentazione di vederlo ammiccante e sofisticato rischia di comprometterne la forza. La durata per me è ok, deve essere un po' eccessivo per smussare il senso di canzone...

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  6. Secondo me la questione del linguaggio deve, ed é, essere messa tra parentesi per un pò. Linguaggio c'é, ok, ma deve essere vissuto senza paradigmi linguistici. Come la divisione di generi, o armonia tonale o non tonale, approcci di vario tipo ecc. Ma mi sa che non riuscirò mai a spiegarmi. Nel pezzo di Fabrizio la cosa interessante che non c'è ammiccamento e non c'è commistione di generi, o tavole. Però fatico a farmi capire su questo punto.

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  7. Secondo me invece commistione di generi ce n'è eccome! Ci sono influenze palesi che derivano da altri mondo sonori.
    E io non mi romperei poi tanto il capo a discutere sul linguaggio, in quanto esso NON è un argomento assolutista né deve esserlo. Linguaggio è tale proprio perché vincolato da leggi interne e secondo me ci sarebbe poco altro da aggiungere.

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  8. Condivido il vostro puntualizzare sul linguaggio, ma vorrei una volta per tutte precisare: non mi interessa l'aspetto linguistico a meno che non venga trattato seriamente, l'uso di tale parola è una comodità, possiamo trasformarlo in "espressione connotata", per me non c'è problema.
    Non vorrei nemmeno che tale parola neutralizzasse il senso del mio ultimo commento. in questo lavoro il gioco è sottile e scomodo e perciò mi intriga; noto che non c'è ammiccamento, ma lo noto ad un livello molto profondo, ci vogliono orecchie sottili per non fraintendere. Il fraintendimento di cui parlo è paradossalmente molto rischioso quando si lavora con materiali "easy listening". La sfida è interessante. Se uno ora fa un pezzo saturazionista diventa un apostolo di una moda e così via. il rischio che corre questo pezzo è di non essere talmente forte (in termini di dotazione di armi) da sfuggire ad una pericolosa, e a mio avviso non cercata, definizione di genere. La dimostrazione è forse nelle parole di Raffaele che parla di commistione di genere. Per me non c'è, ma forse il "tavolo" su cui è poggiato il pezzo ha ancora troppo la sagoma invecchiata delle passate esperienze translinguistiche/citazionali/fusion. Il coraggio di Fabrizio è più che notevole, preferisco di gran lunga questa musica rispetto a quella che ha suoni inutili, ma il virtuosismo timbrico è troppo fiacco per essere considerato l'elemento di rottura e l'aspetto critico della commistione dei generi è ancora non del tutto capibile (secondo me non sta a te Eric farti capire ma al pezzo). L'altra aspetto è che secondo me Fabrizio si è divertito, e lo si sente e adoro la freschezza di fondo, a tratti arrendendosi all'idea che un lavoro così in un festival di musica contemporanea... buca comunque. Comunque, in pochi hanno questo coraggio, che spero non nasca dal fatto di aver scelto la visuale della panchina per vincere il campionato.

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  9. Mumble mumble. Condivido quello che dici Marco. Però non bisogna eccedere a trarne troppe conseguenze. Comunque siamo d'accordo. Non c'è commistione di genere. Non condivido il fatto di dire "altri mondi sonori", dato che in fondo per me di mondo sonoro ce n'è uno per ognuno di noi. Se il suo include quei suoni non commistiona per nulla. Vi assicuro che il pezzo ha bucato, ma ha anche un pò disturbato per l'irriverenza. Non condivido tanto la panchina. Se uno rinuncia alla partitura è stare in panchina? Preferire lavorare in autonomia su progetti personali di largo respiro facendo il pianista e l'esecutore di proprie musiche non mi sembra significhi stare in panchina.

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  10. sì, la metafora della panchina è evidentemente troppo forte e molto probabilmente errata se ti fa intendere cose che non intendo. Non mi riferivo al percorso di Fabrizio, ci mancherebbe! per altro mi interessa molto... come mi interessa molto il percorso di un altro compositore eclettico (per me geniale) e di cui spero si parlerà presto come Valerio Murat (diverso ma per tratti e coraggio delle scelte assimilabile). Mi riferivo al pezzo. Mi chiedo se l'irriverenza, l'asciuttezza; nella loro astrazione musicale pura (oltre il genere che anzi... rompe le scatole!) possano esistere in questo lavoro anche senza il gioco di cinica decomposizione del connotato, che a mio gusto abbaglia molto. Non so se allora preferisco gli una tantum più diretti come questo http://www.youtube.com/watch?v=6eI4ySB7x_Y .
    La panchina è una metafora del guardare da fuori, che è un approccio che mi affascina molto (e proprio per questo a tratti sento di dover rifuggire.. cose mie); non di certo un giudizio sul percorso di ognuno; ad oggi credo che nemmeno la nostra musica migliore possa determinare se saremo in panchina o in campo, e in quale squadra o in quale campionato.

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  11. Non sono minimamente d'accordo sul fatto che non vi sia commistione di generi. Potrei al massimo condividere il fatto che per ognuno di noi esista un mondo sonoro, ma pragmaticamente parlando per me in questo pezzo c'è una fusione di stili, ed è inutile negarlo. Poi si può filosofizzare quanto si vuole.

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  12. ... a me pareva d'esserci. Ribadisco il mio giudizio estremamente estremamente positivo sul pezzo. Se mi fa pensare delle cose diverse da quelle che fa pensare a te, non capisco perché dovrei ritenermi perso...

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  13. sulla commistione di generi non ci siamo secondo me..abbraccio

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  14. Ma dunque, a me pare che ci siano qui due questioni aperte:

    La prima è se questo è un pezzo che fonde generi musicali. Io ci sento Charles Mingus, Gil Evans, al limite molto marginalmente Frank Zappa, ma non Stockhausen, non Grisey, non Benjamin. E Stravinsky che è stato citato a me sembra presente esclusivamente mediato dall'uso che la musica afroamericana ha fatto delle sue intuizioni. Se accendessi radio 3 e sentissi questo Noisy Airs penserei "3rd stream jazz" e non "musica contemporanea". È un bene, dal mio punto di vista, perché mi irrita sempre di più la musica che sembra "musica contemporanea", e mi irrito con me stesso quando la musica che scrivo suona "musica contemporanea".

    La seconda questione discende, o meglio ascende, dalla prima, ed è un punto che un giorno dovremo toccare e sviscerare, molto connesso al discorso del "noi" che sollevavo nel mio post "NewThing" di un po' di settimane fa: la musica contemporanea è uno stile? O invece è un contesto produttivo? O ancora è qualcos'altro? Io davvero non lo so, è qualcosa su cui mi interrogo quotidianamente. Se è uno stile, allora no, questa non è musica contemporanea, e il pezzo di Rat Ferrero non dovrebbe stare in questo blog anche se mi piace. Se non è uno stile ma è un contesto produttivo allora ci siamo: questo è un pezzo che parla la lingua di un certo jazz, ma che va a parlarla a Musica a Strasburgo affidandosi alla bacchetta di Tito Ceccherini. Ed ecco la contaminazione/fusione/commistione/scontro/dialogo/whatever di linguaggi. Ho un po' mentito dicendo che non sapevo la risposta alla mia domanda: oggi credo che la musica contemporanea sia essenzialmente questo - una parte di stile, quattro parti di contesto produttivo, una spruzzata di fuffa e mescolare bene. Vorrei però che diventasse più di questo, e vorrei che ci fosse più gente come Rat Ferrero in giro, capace di rimescolare le carte e farmi intravedere quello che potremmo essere.

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  15. Sono orfano di computer. Andrea, concordo. Tocchi il punto, soprattutto su quello che Fabrizio ci fa vedere in potenza. Se vuoi io lo traduco con andare dietro alle proprie orecchie. Siamo compositori e non musicologi. Chissenefrega dei generi se faccio quello che voglio veramente!

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  16. Perché nessuno parla di commistione in Palestrina, Bach o Haydn? Solo oggi siamo tanto inquadrati da parlarne.

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  17. Eh, però questo è uno slancio ideale... concordo con te, ma anche con Raff quando dice "pragmaticamente parlando per me in questo pezzo c'è una fusione di stili, ed è inutile negarlo". Perché questa è la percezione che - con tutte le sfumature del caso - abbiamo del pezzo, nel contesto.
    Il discorso del rapporto con gli altri è complicatissimo, e ha a che fare con molte cose, compresa la "leggibilità" di un lavoro da un particolare punto di vista...

    C'entra niente, ma c'è un passo di Huckleberry Finn in cui Huck cerca maldestramente di spiegare a Jim il concetto di "lingue diverse"... scusate, non resisto!

    - Come, Huck, ma i francesi non parlano come noi?
    - No, Jim, non capiresti una parola di quello che dicono, non una sola parola.
    - Be', adesso, che sia benedetto! Come mai capita una cosa così?
    - Non lo so, ma è così. Io ho imparato un po' del loro parlare da un libro. Supponi che un uomo viene da te e ti dice: Pallé-vù-fransé, cosa ne pensi?
    - Niente ne penso, ecco. Lo prendo e gli mollo una bella pacca sulla zucca, beninteso se non è un bianco. Vi assicuro che nessun negro se la sente di insultarmi così.
    - Ma non è un insulto! È solo per chiederti se sai parlare francese.
    - Allora, perché non poteva dirmelo così?
    - Ma te l'ha detto. Come lo dicono i francesi.
    - Be', è un modo proprio da scemi di dirlo e non voglio più sentirne parlare. Non c'è senso in una cosa del genere.

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  18. Bellissimo il passo Andrea. Lo adoro e sto morendo dal ridere. Sarebbe bello che uno reafgisse con pacche sulla zucca quando non capisce una frase di un pezzo di Ferneyhough. Tant'é. Però così torniamo al problema del linguaggio. A me piace pensare che in musica questo problema sia meno forte che nella parola. La musica ha una componente linguistica debole. Da qualche parte nel mondo ci sarà qualcosa che sembra sempre a quello che scriviamo senza averci troppo pensato. Ci sarà sempre un contesto perché la specie umana ha una storia comune che non conosceremo mai fino in fondo, e il nostro contesto si limita agli ultimi secoli, quando va bene. Per esempio uno poteva dire a Palestrina nel 15o secolo che certe sue linee venivano dagli stornelli laziali, cosa assolutamente vera, ma oggi chi lo sente più? C'é sempre un contesto, per questo la musica parla. Ma, quello che mi chiedo, dobbiamo porci il problema come musicisti? Mi piace la tua idea, Andrea, di efficacità per un pubblico non ideologizzato. Se funziona, parla, dice qualcosa, perché dobbiamo dire del pezzo "bello però sembra un pezzo jazz".. Possiamo fare musica digerendo il contesto, senza assumerlo come orizzonte. A me piace di più così. Quindi per me niente contesti espliciti. Però è anche vero che così mi sento di isolarmi in una specie di misticismo linguistico. Aiuto!!

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  19. A mio avviso la "commistione" è nello stesso atto dello scrivere di Rat Ferrero; non ci sento stili diversi cuciti fra loro, ma ci sento il filtraggio delle musiche assimilate dal compositore ed espresse dalla sua aperta sensibilità musicale. Tanto che forse si sente come lui sente la canzone. Chapeau.

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  20. @Eric: però è innegabile che oggi la questione del "genere" si ripropone oggi più prepotentemente che in passato: gli esempi che fai sono chiari, però oggi la questione ha portata e valore ben diversi. Sono d'accordo con Andrea Sarto: commistione c'è: non tanto linguistica, ma piuttosto nella stessa "produzione" della musica (nell'atto di scrivere e in tutto ciò che gli sta intorno, nel fare musica). E per quanto mi riguarda la commistione non è mai un problema; semmai la cattiva commistione lo è, ma davvero non è questo il caso.

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