[Elia] camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Do, l'Oreb.
Ivi entrò in una caverna per passarvi la notte [...] Gli fu detto: “Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore”. Ecco, il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero. Come l'udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all'ingresso della caverna.
Salmo 150
Alleluia.
Lodate il Signore nel suo santuario,
lodatelo nel firmamento della sua potenza.
Lodatelo per i suoi prodigi,
lodatelo per la sua immensa grandezza.
Lodatelo con squilli di tromba,
lodatelo con arpa e cetra;
lodatelo con timpani e danze,
lodatelo sulle corde e sui flauti.
Lodatelo con cembali sonori,
lodatelo con cembali squillanti;
ogni vivente dia lode al Signore.
Alleluia.
Quelli riportati sono solo un paio di testi tratti dall'Antico Testamento, in cui il rapporto fra Dio e l'Uomo passa attraverso il suono. Tutto sta nel considerare come l'uno si relazioni all'altro.
Nel salmo è l'uomo che si rivolge a Dio attraverso la musica, cioè mediante una forma culturale che si esprime con i suoni. Culturale perché è propria di un popolo – il popolo ebraico. Ma in essa vi anche il culto, cioè la celebrazione liturgica – rituale dunque – dell'Alleanza fra Jahvé e i circoncisi.
Danze, strumenti musicali (timpani, cembali, arpa, cetra, secondo la traduzione italiana), e oggetti sonori precisi (gli squilli) vengono bene elencati. Tutto rientra nella lode, cioè in una manifestazione umana che esprime un rapporto con la divinità – non a caso il salmo si apre e si chiude con un Alleluia – “Dio sia lodato”.
Invece nel testo tratto dal libro dei Re è Dio che si rivolge e si rivela al profeta Elia tramite una forma sonora non culturale. Che arriva dopo una serie di sconvolgimenti ambientali eclatanti: vento, terremoto, fuoco. Il Signore si mostra attraverso il “mormorio di un vento leggero”. Un'arietta poco percettibile, sottile, che penetra attraverso gli attenti sensi del profeta – apro una parentesi: la voce di Dio nella Bibbia è paragonato al tuono di grande acque che si riversano; un rumore bianco inconcepibilmente forte. Qui, l'intensità è ridotta, ma la traccia del rumore resta – non delle “note musicali”.
Ecco, tutto questo per dire che la musica sacra vive e forse soffre di questa dualità. Da una parte essa è un'espressione culturale che trova posto nella liturgia: in questo caso si parla di musica sacra per la liturgia – un punto sul quale tornerò di qui a breve.
D'altra parte la musica sacra vorrebbe trasmettere o favorire un rapporto con Dio – ma che non può esprimersi che attraverso l'immagine sonora di un mormorio di un vento leggero, e che le forze umane non possono produrre.
Ad ogni modo per il compositore la musica sacra è un genere strano. Come ho anticipato, è' sempre stata legata alla liturgia, dal canto sinagogale ebraico, passando per il gregoriano e quello greco-ortodosso, arrivando alle architetture bachiane, e fino a giungere..... dove? Chi compone musica sacra / liturgica oggi? (aggiungo: bella o quanto meno decente).
Il documento del Vaticano II “Sacrosanctum Concilium” - che disciplina le celebrazioni liturgiche – dedica un capitolo alla musica sacra, e nientemeno che un paragrafo ai compositori. Ecco ciò che riporta:
Missione dei compositori
121. I musicisti animati da spirito cristiano comprendano di essere chiamati a coltivare la musica sacra e ad accrescere il suo patrimonio. Compongano melodie che abbiano le caratteristiche della vera musica sacra; che possano essere cantate non solo dalle maggiori « scholae cantorum », ma che convengano anche alle « scholae » minori, e che favoriscano la partecipazione attiva di tutta l'assemblea dei fedeli. I testi destinati al canto sacro siano conformi alla dottrina cattolica, anzi siano presi di preferenza dalla sacra Scrittura e dalle fonti liturgiche.
Ecco, mi domando cosa significhi “che abbiano le caratteristiche della vera musica sacra” - ma questo è un punto su cui vorrei discutere con i liturgisti e i maestri di cappella, perché mi è particolarmente oscuro.
Sta di fatto che la musica liturgica è divenuta un genere a sé, di competenza di alcuni compositori o band specializzate (Frisina, o i Gen Rosso) – le cui produzioni spaziano dal musical alle canzonette di dubbio gusto.
Però molti compositori del XX° secolo e contemporanei hanno scritto – e scrivono – musica utilizzando testi tratti dalla Bibbia. Stravinskij (Libro dei Salmi), Berio (Ofanìm), Stockhausen (Gesang...), Penderecki (la Passione), Fedele (en Arché), etc...
E' evidente che si tratta di pezzi in cui il sacro è slegato dalla liturgia “ordinaria”, ma in qualche modo esso viene affrontato, o toccato, o sfiorato dal compositore.
Più probabilmente la forma rituale di oggi è divenuta quella dell'andare al concerto, in cui un'assemblea è riunita – il pubblico pagante o meno –, si ha un focus d'attenzione comune – l'esecuzione della musica (e qui rimando a Durkheim e al suo saggio sulle Forme elementari della vita Religiosa) – , e alla fine di conti si auto-celebra e si riconferma l'ordine sociale vigente, nel peggiore dei casi senza che quasi nulla ci abbia sconvolto la giornata.
Ad ogni modo lancio la palla a tutti quanti: la musica sacra c'è ancora? Oppure: cosa è per voi il sacro nella musica (se c'è?). Sta nell'ascoltarla? Nel partecipare a un concerto? Nel comporla? Nell'usare un testo religioso? O è altro?
Comunque sono convinto che il mormorio di un vento leggero non stia lì, e che molto probabilmente non dipenda dalle nostre fatiche musicali.
Interessante post Andrea. La prima cosa che ha pensato è che a monte si debba distinguere il sacro dal religioso; mi pare che nel tuo discorso le cose siano associate; non credo invece lo siano, anche se condividono alcune proprietà. A braccio direi: strutture e formule ripetitive, forme responsoriali e litaniche etc ec; chiaramente entriamo in un territorio affascinante e pericoloso cioè quello di cercare una trasversalità di culture religiose che articolerebbe una sola idea di sacro, degli archetipi del sacro. Non mi spingo fin là; dico solo che la musica sacra occidentale è un genere e come tale soggetto ad una naturale evoluzione che va dal canto intorno ad un fuoco dentro un recinto fino all'esempio splendido dei 4 Chants di Grisey. Sicuramente il concerto come rito conserva delle caratteristiche del sacro, non fosse che per la distinzione tra officiante (i musicisti) e un'assemblea, dove l'officiante è custode di un sapere non condiviso e difficilmente trasmissibile; un concerto è rito perché i musicisti/compositori, come noi sappiamo dall'esperienza sulla nostra pelle, hanno fatto un percorso iniziatico che la maggior parte non ha condiviso. Non c'è giudizio in questo, solo una constatazione. Ma il carattere sacrale del farsi della musica può anche provenire dalla musica stessa e non tanto nelle sue proprietà strutturali (appunto la ripetizione, la responsorialità etc etc) ma in quelle fisiche: la presenza quasi ingombrante del suono, una presenza proiettata verso, quasi imposta all'assemblea (diverso è il discorso quando officianti e fruitori si identificano, dove avviene l'opposto, un conto intimo sottovoce, "per sé" - forse il mormorio del vento leggero, che però avviene tra due entità singole, quindi in una situazione intima, e non collettiva, dove sicuramente il tuono è più efficace). Questa sorta di violenza, che ha antenati antichissimi non solo nel tuono, nel mare impetuoso ma appunto anche negli "squilli", nelle trombe, nei cimbali e dopo negli ottoni e gli organi delle messe barocche, è caratteristica del sacro. Questa amplificazione immersiva, totalizzante del messaggio getta un ponte, anzi lo forza quasi, tra l'assemblea e l'officiante/santone, che ha bisogno del grande, del mostruoso, del superlativo per tradurre, per farsi portavoce dell'extraumano. Riferimenti si sprecano, dal Gesang spazializzato (e in generale lo Stockhausen messianico è spazializzato-immersivo sempre) al teatro di Bene, che riflettè molto su questo tema; ma la lista è lunga da questo punto di vista.
RispondiEliminaQuindi sì, la musica sacra c'è ancora, ma non è necessariamente più religiosa e sta nel fatto che necessariamente qualcuno la fa e qualcun altro la ascolta. Provocatoriamente direi che ciò accade in forma minore anche senza andare al concerto, ma standosene seduto a casa, magari con un buon 5+1...!
p.s.: comunque è normale che Elia abbia avuto visioni acustiche sul monte di Do (come scrivi) ;)
Ciao. Grazie per il bel post Andrea. Apre questioni toccate pochissimo ma, come dice Carlo, che ci riguardano da vicino. Condivido quello che dice Carlo sulla sacralità e non religiosità. Mi spiego. La potenza del sacro e del non umano é molto presente nella musica di oggi, ma questa espressione non trova più una scena nelle chiese. Non sono religioso e quindi la cosa non mi disturba. Mi disturba però sentire la musica da chiesa di oggi perché mi sembra sacrilega. E quindi qualche dissonanza la percepisco in quel contesto. Mi chiedo perché succeda e dove "diavolo" sia finita la spiritualità della religione, persa forse secoli fa. Vado spesso al museo dell'opera della cattedrale di Strasburgo dove si trovano opere d'arte dell'ultimo millennio. E' semplicemente pazzesco vedere la potenza dell'espressione plastica medievale e la banalità mondana dell'arte del '500. Già li si era persa la spiritualità. Forse la religione si é secolarizzata in instituzioni vuote, ma la spiritualità resta potente come sempre, senza però avere un luogo di espressione per tutti, e al di là delle formule strettamente musicali resta una necessità per tanti compositori. (come sempre sono un pò confuso)..
RispondiEliminaAggiungo anche la mia sottolineatura alla differenza tra sacro e religioso (a cui aggiungo quella successiva: tra religioso e dottrinale). Non sono cristiano, né tantomeno cattolico, e mi secca quando spesso si associano le parole "sacro" e "religioso" solo a questa prospettiva. Per larga parte, ciò che nella musica è sacro (inteso nel suo significato più ampio e profondo) rimane per me questione privata e quasi incomunicabile, quindi il mio apporto alla discussione è ben poco...
RispondiEliminaD'altro canto, non credo che nemmeno quest'aspetto vada preso troppo sul serio, onde son ben felice di ascoltare brani davvero dissacranti (giustappunto!) come i lavori di Giovanni Bertelli, che appunto ha fatto del (meta-)sacro e della (anti-)messa uno dei punti fondanti della sua poetica – ad esempio il work in progress "Missa Sine Domine" oppure la "Toccata della Madonna". Se non sbaglio, anche il lavoro che presenterà alla Biennale Musica quest'anno è un grande lavoro di alienazione dei rituali e di abrasione delle liturgie.
Sulla musica sacra ci sarebbe molto da parlare. Vorrei andare subito al nocciolo.
RispondiEliminaImmagino che tutti noi compositori vorremmo scrivere la "Messa in Si minore", ma dubito che la tale composizione possa essere eseguita durante una celebrazione liturgica.
Quindi bisogna accettare il fatto che esiste un genere di musica sacra che nasce come forma d'arte, come espressione dell'intelligenza e della creatività del compositore, ma esiste anche un genere di musica sacra che possa andare bene per il popolo.
Ed è qui, forse che possiamo discutere sulle modalità, sulle forme, sull'estetica di questo o quel canto.
Non si può certo offrire ad una assemblea un canto scritto con tecnica seriale, nè tanto meno ci si dovrebbe accontentare del Do maggiore.
Il fatto, poi, che esistano band o compositori che scrivano musica in stile pop/rock ecc... secondo me va compreso nel tentativo di riempire un vuoto che si è creato negli ultimi decenni.
Sul senso di sacro e religioso mi sento di dire che ci sono varie modalità di approccio: attualmente non me la sento di soffermarmi troppo sulle possibili differenze tra i due termini (non amo le categorizzazioni), ma penso che ognuno possa avere sentimenti differenti nei confronti del sacro.
Ovviamente, chi è cattolico avrà un approccio di un certo tipo, differente da chi non lo è.
In sintesi, sperando di non semplificare troppo la questione, credo che per musica sacra potremmo intendere quel tentativo di espressione interiore che deriva dal nostro rapporto col divino. È comunque una ricerca.
No, non si può chiedere all'assemblea di una messa di cantare un canto seriale: e penso che il Do maggiore abbia ancora molto da offrire se lo si interroga nella maniera giusta.
RispondiEliminaMa il punto, io credo, non è neanche questo.
Paride, parli di una musica funzionale, che l'assemblea di una messa possa cantare. Ma il vuoto che si è creato è stato riempito, mi sembra, nel peggiore dei modi possibili.
Luterani, Evangelici e quant'altri cantano corali a quattro parti reali dai tempi di Lutero, con tra l'altro il bellissimo effetto collaterale di alimentare la divulgazione della cultura musicale tra la gente - e sarà per caso che così tanti dei più grandi compositori del passato venivano dal mondo luterano?
I neri d'America hanno preso i corali, li anno colorati di blu ed è nato lo spiritual. Oggi usano la chitarra elettrica, il basso e la batteria durante le funzioni, e danzano e gridano, l'ho visto ad Harlem in una chiesetta grande come la mia cucina, e ci sono la bellezza e la potenza e il mistero.
In Asia ho visto buddisti e induisti recitare cantilene forse antichissime e forse invece no, e sicuramente non ho gli strumenti per leggere quello che c'è dentro e sicuramente è facile restare affascinati dal suono di una lingua che non si capisce e dalla fissità di una corda di recita. Non so se era bello, ma sono certo non era brutto.
In Africa non ci sono mai stato, ma chi c'è andato mi ha raccontato di tamburi e canti e danze che rischiano di farti cambiare idea su tutto quello che Marx e Dawkins ti hanno insegnato sulla religione.
Il mio ateismo non mi impedisce di avvertire con forza la potenza del senso del sacro. Per me la musica sacra è quella che ne è intrisa, ed è la Messa in Si Minore, i Quatre Chants, il misticismo stralunato del pop psichedelico; e, spero, anche un po' di quella che ho scritto io. Ma non le brutte e squallide e banali canzonacce da messa postconciliare. Lì dentro di senso del sacro non ce n'è neanche un po', solo un po' di buonismo e di catechismo da oratorio.
È un buon punto di partenza sul quale sarebbe bello, prima o poi, avviare un percorso, una revisione del repertorio musicale sacro (almeno in Italia).
EliminaEcco, riprendo dopo qualche tempo la penna e cerco di apportare un'ulteriore riflessione: forse il sacro (in musica) non è totalmente incomunicabile, anche se non parla direttamente con parole umane; direi che si manifesta ai sensi e all'intelletto attraverso la mediazione di strutture, forme musicali, tempi e suoni capaci di suscitarlo, orecchie che lo sentono e lo accolgono. O più probabilmente mi sbaglio...
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