Michele Sanna è un giovane (non giovanissimo) compositore nato nel 1981 a Cagliari, dove vive tuttora. Chitarrista (elettrico), pratica il Jazz e la scrittura (come compositore si forma principalmente a Milano). L’aspetto biografico ha una qualche incidenza nel senso del post come si leggerà nelle conclusioni.
Il brano è una commissione del Divertimento Ensemble ed è stato eseguito in prima nella stagione 2013 dello stesso Ensemble milanese.
L'organico è trio d'archi, flauto, clarinetto, pianoforte e percussioni. Ero al concerto e il lavoro di Michele mi ha molto colpito per due aspetti: il primo è riferibile ad alcune qualità della partitura, il secondo è legato ad alcune considerazioni generali che spesso mi capita di fare quando ascolto musica giovane italiana, affronterò quest'ultimo punto in conclusione.
L'organico è trio d'archi, flauto, clarinetto, pianoforte e percussioni. Ero al concerto e il lavoro di Michele mi ha molto colpito per due aspetti: il primo è riferibile ad alcune qualità della partitura, il secondo è legato ad alcune considerazioni generali che spesso mi capita di fare quando ascolto musica giovane italiana, affronterò quest'ultimo punto in conclusione.
Il brano mi sembra fresco, ho l'impressione che l'autore abbia trovato qualcosa che lo abbia attratto, qualcosa di forte che lo ha condotto... al punto di partenza. Formalmente è lampante, lineare e a tratti, banale: ciò mi piace perché nella "retorica dell'arcata" non c'è sovra-recitazione, il pathos è nell'accenno di un loop tradito, nella disillusione dell'inerzia che si muove "come al solito" per un pezzo di contemporanea (un po' circolare: dal/al silenzio, a tre quarti si scalda un po'...). Questo distacco dimostra, a mio avviso, un raro controllo del "non scritto". La ricerca timbrica è notevole perché non suona come "ricerca timbrica", i suoni particolari sono uno statement che è ben lontano dalla seduzione dell' “effetto strumentale”.
In tutto il brano c'è un afflato di disincanto che non spinge a negare grammatiche di riferimento, quasi a voler dire "tanto è inutile" e allora è automatico e legittimo pensare a Circumambulation di Yan Maresz, di cui resiste il ludico che trovo poi radicalizzato in compositori più giovani come Steen-Andersen. La seduzione torna nella variazione del gesto e nell'uso ironico di elementi accennati nella pulsazione consolatoria; mi scopro, a me che piace l'ambiguo, a godere dell'assenza di ambiguità che qui non cede in alcun modo all'autocompiacimento. In definitiva si tratta di un lavoro sul dettaglio, sia esso di natura strumentale sia esso di natura (più ambiziosa) estetica. Una tipologia preziosa di dettaglio che non molti riescono a focalizzare nel momento della scrittura.
Mi perseguita solo dubbio: e se fosse “solamente” sublime intuizione?
CONCLUSIONE (perché il brano mi ha colpito: secondo aspetto).
Forse Michele ha avuto fortuna. Come talvolta si dice... "ha azzeccato il pezzo".
Perché mai mi si pone (seppur lievemente!) questa spregevole e brutale e volgare domanda?
Nell'ipotizzare una risposta mi ritrovo sulle spalle lo spleen del giovane compositore italiano che non ha al suo attivo una grande esperienza di Europa. Conosco un po’ Michele, il suo percorso e ho ascoltato altri lavori (eterogenei) usciti dalla sua penna, parto da questo dato personale (mi scuso con i lettori) per esprimere una paura: che la sua creatività non possa essere ancora e ancora stimolata. Lo ha fatto il Divertimento Ensemble (bravi come al solito!) ma poi? Ho bisogno di altri riscontri, o meglio, ho bisogno di altra musica made in Sanna.
L'Italia che non investe curiosa nei giovani compositori e che al massimo programma "gli allievi di" (credo purtroppo di essere stato talvolta programmato a causa di questo dato oggettivo) rischia di perdere delle belle teste, qualcuna tra queste resiste più che bene e con coraggiosa tenacia, penso ad esempio a Stefano Trevisi (ascoltate questo estratto da Breaking a curtained haze preso dal sito dell'Arsenale e ditemi se lo trovate lontano dai giustamente riconosciuti-programmati Stefan Prins, Malin Bång...). Intendiamoci... nessuno tra noi se la passa magnificamente, ma chi di noi (per scelta, fortuna o quant'altro) ha incrociato orizzonti extra-italiani ha trovato forse una chiave per l'inserimento in una comunità. Il lavoro di Michele mi stimola e incuriosisce come i lavori di compositori come Clara Iannotta o Giovanni Bertelli, si tratta di gente giovane che per aver fatto uno, cinque, dieci pezzi importanti già c'è; a Michele però manca l'Europa e a mio avviso è bene che se la cerchi. Ho scritto in passato di “visibilità” in questo caso parlo di “accessibilità”, concetto che si muove su un livello legato alla conoscenza più che alla diffusione. Questa è una situazione comune a molti italiani geneticamente timidi: rimanere schiacciati dalle dinamiche italiane, che l’Europa vede con sfiducia e disinteresse crescente (com’è logico che sia visto il depotenziamento di mezzi e l’insistenza su insipienze localistiche).
Mi viene in mente una firma ormai celebre come Andrea Agostini che ha visto il suo Bad Times Lullabies 1&2 (esperienza saturazionista prima del saturazionismo?) valicare il confine grazie alle poco successive esperienze parigine; con questo "uscire" necessario e diverso dalla ricerca di visibilità effimera, si espone il proprio lavoro agli occhi del mondo, la cui reazione talvolta equivale al consegnarci uno specchio dal quale potersi guardare, uno strumento di crescita per poter meglio vedere ciò che si fa e dunque pensare.
Credo di aver scritto questo piccolo post con due intenti, uno nobile: farvi conoscere la musica di Michele Sanna (da seguire!) e un altro che mi fa sentire (purtroppo!) un vecchio zio: stimolare un po’ di coraggio nell’autore, credo sia necessario (almeno in questo caso) scommettere in ciò che si scrive ed è un dovere cercare di presentarlo alla comunità. Sempre meno italiana.
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