sabato 27 dicembre 2014

Paolo Aralla: Dialoghi sul comporre 2015

Abbiamo invitato Paolo Aralla a parlarci degli incontri di Budrio di quest'inverno. I Dialoghi sul comporre sono al terzo appuntamento, dal 2 al 4 gennaio.

di Paolo Aralla

Approfitto di questo spazio messo a disposizione dagli amici di /nu/thing per raccontare qualcosa su “Dialoghi sul comporre”, una iniziativa che, giunta alla sua terza edizione, si svolgerà il 2, 3 e 4 gennaio a Budrio, cittadina nei pressi di Bologna.

Più o meno cinque anni fa Francesco Dillon mi invitò ad un suo concerto presso le "Torri dell'Acqua" di Budrio descrivendo le Torri come uno spazio architettonicamente e acusticamente interessante e, soprattutto, raccontandomi di un gruppo di appassionati amanti dell'arte e della musica che questo spazio gestivano con spirito aperto e curioso. Francesco aveva pienamente ragione, così in quella serata, al piacere di ascoltare della buona musica, si aggiunse la sensazione che quella esperienza di ascolto avvenisse non solo nello spazio giusto, ma anche e soprattutto nel contesto giusto.

venerdì 19 dicembre 2014

Concerto /nu/thing alla GAMeC di Bergamo



Lunedì 22 dicembre la Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo ospita, a partire dalle 17.30, una serata dedicata al collettivo /nu/thing.

Il Quartetto Maurice alle 17.30 proporrà musiche di Marco Momi, Eric Maestri e Andrea Sarto, oltre al terzo quartetto di Lachenmann ("Grido"). Seguirà alle 19,45 la proiezione del film "Wunder der Schöpfung" (1925), di Hanns Walter Kornblum, con musiche originali di Andrea Agostini.

Chi fosse nei paraggi, venga a passare una serata pre-natalizia a Bergamo: sarà sicuramente anche l'occasione di scambiare qualche parola e di bere un bicchiere di vino!

martedì 9 dicembre 2014

Che cosa la musica dice


Ieri sera eravamo in quattro a cena e parte delle cose seguenti sono estrapolate dai discorsi, rielaborate in un viaggio di otto ore tra Parigi e Strasburgo e messe per scritto appena trovata una presa per un computer agli sgoccioli. 

Abbiamo parlato, tra le tante cose, di senso; in particolare in relazione alla scrittura e alla tecnica. Su questo tema scivoloso e delicato ho riflettuto a lungo, ma in maniera personale, con pochi riferimenti ai dibattiti sul senso della musica. Parto, per esempio, da osservazioni banali sulla relazione tra lo scritto e il percepito: se il retrogrado di una serie dodecafonica non si sente, perché scriverlo? Ieri sera abbiamo anche parlato di Ma fin est mon commencement di Machaut; la forma palindroma appare dalla partitura e non all’ascolto. C’è anche Innere Stimme de l’Humoresque di Schumann: perché scrivere una voce da cantare interiormente? Perché scrivere quello che non si sente? 

lunedì 17 novembre 2014

Unheimlich, Turgut Erçetin

Ascoltare pezzi a caso su youtube può riservare piacevoli sorprese e suscitare interesse. L'altra sera è successo proprio così, quando appena sentito un pezzo per quartetto d'archi che aveva calamitato la mia attenzione, subito ne ho voluto cercare altri dello stesso autore. I pezzi trovati erano frutto del lavoro di Turgut Erçetin, un compositore di origine turca che dopo essersi formato al MIAM (Istanbul Technical Center for Advanced Music Studies) ha compiuto gli studi dottorali a Stanford con Brian Ferneyough, approfondendo le proprie ricerche al CCRMA (Center for Computer Research in Music and Acoustics).

domenica 2 novembre 2014

Parlar di musica


Non sono dotato di un primo ascolto analitico, ogni qual volta ho l'occasione di ascoltare Schubert o Beethoven (come Mahler o Stravinskij) l'interesse d’indagine strutturale o sul trattamento dei materiali svanisce. Ho la sensazione di essere risucchiato in una storia, la fine dell'esposizione diventa respiro, la ripresa, un ritorno, un accordo che esplode è una grande esplosione prima ancora di essere una lunga serie di terze sovrapposte.


Una storia dunque, in cui l'atipica modulazione inerisce al cesello di un movimento nel dramma piuttosto che al concetto derivante dalla sua atipicità. In realtà la coscienza dell'atipico e il suo portato concettuale non è necessariamente in antitesi con ciò che riguarda la retorica, faccio quindi mie le parole di Eric Maestri "sapere finalmente che ogni musica è concettuale". 

lunedì 20 ottobre 2014

Riflessione sullo stato della musica elettronica oggi, con carrellata all'indietro finale

Piccola premessa: proprio in questi giorni si svolge a Roma il XX CIM - Colloquio d'Informatica Musicale. Non c'è nessun legame ufficiale tra questo mio piccolo scritto e il Colloquio, ma la coincidenza mi piace.

Vorrei parlarvi di un intervento che ho sentito all’International Computer Music Conference di quest’anno. Il relatore era Cort Lippe, compositore, ricercatore e professore universitario americano; il titolo “Musings on the status of electronic music today” (“Riflessioni sullo stato della musica elettronica oggi”). Si tratta di un lavoro che tocca temi che mi interessano molto, benché in maniera che non condivido del tutto. Ma per cominciare, ecco il link all’articolo:


lunedì 6 ottobre 2014

Il compositore, le sue orecchie e le sue macchine da scrivere

Questo lunedì voglio prendere come spunto per qualche riflessione il nuovo libro di Fabien Lévy, pubblicato da Vrin, "Le compositeur, son oreille et ses machines à écrire". Si tratta di un libro destinato a musicologi e compositori (in modo particolare agli studenti di composizione) che analizza i rapporti tra scrittura e composizione nella musica occidentale.

La cosa che mi ha colpito a una prima scansione è stato ritrovare questioni e temi che sento di stringente attualità: il rapporto tra il formalismo delle avanguardie e il contenuto musicale, le problematiche legate alle teorie dei temperamenti, gli interrogativi sul concetto di "complessità", la critica del riduzionismo musicale, e così via.

Il punto di partenza per l'analisi è la differenza tra "grafemologie" e "grammatologie": il primo termine si riferisce alle tecniche di trascrizione, al modo in cui un evento sonoro viene rappresentato attraverso un certo numero di segni; il secondo si riferisce alle tecniche di scrittura, alle regole e ai modi con cui i segni possono essere combinati per produrre musica. Grammatologie possono naturalmente nascere da grafemologie, nel momento in cui una certa rappresentazione dei suoni (pensiamo ad esempio all'introduzione della "nota") diventa anche un modo per lavorare con essi, di combinarli, di organizzarli. In questo caso i segni sono entità autonome, che non si limitano a trascrivere eventi, ma inducono un certo modo di pensare gli eventi stessi.

lunedì 22 settembre 2014

Dmitri Kourliandski

Dmitri Kourliandski, classe 1976, è ad oggi uno degli esponenti di spicco della giovane e prolifica scuola russa contemporanea.
La sua musica, caratterizzata e idealizzata attraverso quello che è stato definito “catastrofismo tecnologico”, raccoglie l’eredità del movimento costruttivista di matrice russa degli anni ’20.
Quello che mi affascina della sua musica e del suo pensiero compositivo è il modo di immaginare gli strumentisti e i propri strumenti considerati come parti inscindibili di un unico corpo, potente e monolitico, spesso congegnato come meccanismo unitario dove farli suonare (o risuonare) ossessivamente in un incessante tutti orchestrale.
Secondo quest'ottica, etichettata come “oggettiva”, l’ascoltatore diviene intimo osservatore dell’opera, in quanto ogni azione o possibile evoluzione viene in qualche modo annullata dal continuo e incessante procedere della dimensione temporale e sonora. Tendenzialmente è come sei i suoi pezzi venissero azionati e spenti da un pulsante, e il brano assumesse le fattezze di un misterioso marchingegno da osservare, scoprire e scrutare nel più rigoroso silenzio.

martedì 2 settembre 2014

Valutatemi per quello che la musica dice

Il post di oggi è una sorta di proposta sotto forma di sfogo; è legato in particolare alla discussione che ho seguito sul web (per quanto possibile) sul "new conceptualism"; avviata a Darmstadt, potrebbe dare il via anche alle nostre latitudini a un dibattito più ampio, se ne saremo capaci. Parto dalla proposta della discussione (che potete trovare qui):

In recent years, the contemporary music scene has witnessed a resurgence of interest in conceptual music. Proponents of this work argue against the importance of musical material progress (Materialfortschritt) in favor of "a music of this-worldliness" (Musik der Diesseitigkeit), "a music of a content-aesthetical turn" (Musik einer gehalts-ästhetischen Wende), or "a music of the digital revolution" (Musik der digitalen Revolution). Conceptual approaches to composition challenge conventional notions of authorship, craft, content and prompt a reconsideration of the role of subjectivity, the value of virtuosity, the function of media, and the relationship of contemporary music to broader cultural fields such as economics, politics, or visual arts.
What are the implications of this conceptual preference? Where has it come from, where will it lead us, and why does it hold such sway and influence at this precise historical moment?
In this debate we hope to explore issues of authorship, content, and cultural connection from both conceptual and non-conceptual orientations.

giovedì 31 luglio 2014

Buone vacanze... in Darmstadt style

Da alcune ore spopola in rete questo divertente filmato-parodia, col quale /nu/thing intende augurarvi buone vacanze e ricordarvi che le nostre attività riprenderanno a settembre.


lunedì 21 luglio 2014

Un Cluster, cent'anni fa

In quest'estate forse un po' altalenante, fra canicola e precoci umori autunnali, amiamo prendere il tempo che ci spetta dopo mesi passati al lavoro, fra lezioni, pezzi composti o da comporre, e compiti da correggere. Ci mettiamo in modalità "flâneur"; e girovaghiamo in qua e in là, fisicamente o meno. La mattina inforchiamo la bicicletta e prendiamo per il parco, il pomeriggio dormiamo con le tapparelle mezze abbassate e la sera forse usciamo per un gelato. Oppure no: la mattina andiamo dal dentista dopo mesi di procrastinazioni, il pomeriggio riordiniamo la cantina e la sera telefoniamo a un amico che non sentiamo da tanto tempo.

martedì 8 luglio 2014

La Grande Fuga (un po' a vanvera)

Quella che segue è una recensione di una recensione. Eugenio Scalfari parla di un libro di Enzo Restagno dedicato a Schönberg e Stravinsky: "Schönberg e Stravinsky. Storia di un’impossibile amicizia". Premetto: non ho letto il libro ma solo l’articolo, apparso su l'Espresso il 4 luglio. In ogni caso, uno dei più importanti giornalisti d’Italia parla di musica moderna, e la cosa è talmente rara da fare scalpore in sé. 

Purtroppo, l'articolo mostra una qualche incongruenza, per non dire di peggio. Il riassunto che segue, nonostante i pochissimi virgolettati, è una trascrizione fedele dall'originale di Scalfari, ad eccezione dei miei commenti che, a scanso di equivoci, ho sempre messo tra parentesi. L'articolo è fatto di salti logici e incongruenze divertenti.

Il testo è disponibile qui (si può accedere a una versione in anteprima connettendosi con un Facebook, Google+ o Twitter).

lunedì 23 giugno 2014

Agata Zubel - NOT I


Non accade spesso che dei compositori siano anche interpreti. Intendiamoci, molti tra coloro che oggi scrivono, arrivano alla composizione da percorsi d’interpretazione più o meno significativi o in ogni caso dalla pratica del suonare (più o meno genere-esente). Dietro le musiche che sono marcate della locuzione "con influenze Jazz", ci sono spesso delle esperienze performative maturate in tali contesti.


Ci sono alcuni casi ben noti di direttori-compositori come Pierre Boulez, Peter Eötvös, Beat Furrer, George Benjamin, Enno Poppe, Esa-Pekka Salonen e Matthias Pintscher (la lista potrebbe continuare, il post precedente porta la firma di Filippo Perocco che è anch'egli compositore e direttore). Più di rado s’incappa in strumentisti-compositori (la parola ”strumentista" non mi è mai piaciuta, è qui messa per far riferimento agli interpreti che hanno pratica continua con uno strumento la cui tecnica esige il contatto fisico), tra questi troviamo il pianista-compositore Thomas Adès, la compositrice-vocalist Erin Gee oppure, tra i giovani italiani, lo stesso Stefano Bulfon (pianista) e Andrea Agostini (basso elettrico).

lunedì 16 giugno 2014

Altri luoghi

di Filippo Perocco

Come funziona la relazione tra il pensare la musica sulla carta e cercare di metterla in azione in un progetto più largo? Quanto di cosciente e di incosciente c'è ne L'arsenale? Come coabitano l'essere compositore, direttore e direttore artistico? Quanto le opinioni del pubblico possono influenzare il gesto compositivo ed organizzativo? In che modo si è radicata l'esperienza de L'arsenale nella città e come si è estesa ad altre realtà e altre città?

Queste le sollecitazioni che ho ricevuto dal collettivo /nu/thing per questo post. Non è per niente facile rispondere ed indagare tutto questo. Non è facile parlare di sé stessi. Né tantomeno farlo in questo luogo, soprattutto se si latita intenzionalmente, o meglio, se si frequenta con cautela il territorio dei social network e dei dibattiti collettivi. Ma, visto che mi è stato chiesto (bella scusa), ci provo ed evito un'aprioristica organicità nel farlo, lasciando spazio ad eventuali digressioni, sbandamenti, distrazioni, crepe e macerie; un approccio con i detriti tanto frequentato anche nella mia attività compositiva.

lunedì 19 maggio 2014

Manifesti

Ammetto di essere stato notevolmente colpito dalla dichiarazione d'intenti e dal manifesto della SIMC, che sono stati pubblicati tra i commenti al recente post di Marco Momi, e che non conoscevo. Non voglio perdermi in perifrasi: credo che questo manifesto sia obsoleto e pericoloso. Vorrei cercare di spiegarvi perché e, per una volta, spulciarne le criticità, provando magari a proporre qualche alternativa. Trovo anche bizzarro che questi testi (dichiarazione d'intenti e manifesto), giunti su queste pagine direttamente da un socio della SIMC, Dario Agazzi, non si trovino da nessuna parte online – tanto meno sul sito stesso della SIMC.

Devo però fare due premesse.

Prima di tutto: prendo questo testo perché mi pare emblematico, ma lo considero più un sintomo del problema che il problema in sé. Visto che, a quanto ci è stato detto, la SIMC non riceve alcun contributo pubblico, questo post non riguarderà in alcun modo il problema della ripartizione dei soldi nella musica contemporanea, di cui Marco ha approfonditamente parlato. In ogni caso la SIMC è l'organo italiano aderente all'ISCM (International Society for Contemporary Music), e annovera tra i suoi soci molti importanti compositori italiani di oggi; vale quindi la pena, penso, chiedersi se il manifesto che ci rappresenta nel mondo sia un buon manifesto.

In secondo luogo: in questo tentativo di rilettura lascio volutamente da parte le critiche alla prosa e ai toni dello statuto. Probabilmente è uno statuto molto vecchio (la prosa sembra quasi inizio-novecentesca…) – in ogni caso non posso fare a meno di chiedermi se tra i vari importanti compiti della SIMC non debba esserci anche quello di mettersi al passo con i tempi (statuto compreso).

lunedì 5 maggio 2014

Pezzi lunghi

(Beware: Pranks & Science Fiction!)


Oggi voglio parlare di pezzi lunghissimi, cioè tanto tanto tanto lunghi, possibilmente che più lunghi non si può.  Lunghissimo non vuol dire fichissimo, come cortissimo non vuol dire scarsissimo, e siamo d'accordo.  Però ho sempre pensato che comporre musica di smisurata lunghezza fosse una sfida entusiasmante, improba e anche un po' misteriosa. Subito balzano alla mente diverse domande: quanto tempo ci vuole per scrivere un pezzo di sei ore e un quarto? E un pezzo di tredici ore? E uno di settantotto settimane? No, dai, osiamo di più: sedicimila lustri.

lunedì 21 aprile 2014

Ondřej Adámek - Kameny

In questo lunedì post-pasquale vorrei parlarvi di Kameny, un lavoro molto particolare per coro di 24 voci e grande ensemble di Ondřej Adámek, interessante compositore ceco nato a Praga nel 1979, la cui estetica è principalmente basata sulla ricerca sonora e sull'uso di strumenti trattati in maniera anticonvenzionale o di propria invenzione.


Ci sono varie cose che mi hanno affascinato di questo brano, in primis il tessuto drammaturgico e l’intreccio narrativo attraverso il quale i coristi e gli strumentisti si trovano a interagire, il trattamento della parola, gestito a volte in maniera del tutto anticonvenzionale e corroborato da alcuni strumentini (pietre, tubi, tamburi etc.) con i quali vengono forniti gli interpreti, e infine la semplicità e la chiarezza, formale e gestuale, che in qualche modo traspare fin dall'inizio del lavoro col suo procedere netto e essenziale.
Gli interpreti di questa esecuzione sono musicisti di altissimo livello e fanno capo a una produzione internazionale, a iniziare da George Benjamin, qui in veste di direttore, che risulta solido e brillantemente coinvolto alla guida del parigino Ensemble Intercontemporain e al tedesco SWR Vokalensemble Stuttgart. La registrazione qui proposta è stata effettuata alla Cité de la musique il 29 gennaio 2013.

lunedì 7 aprile 2014

Psicosintesi

di Stefano Bulfon

Ringrazio gli amici di /nu/thing per avermi sollecitato questo testo, che avevo dapprincipio pensato di intitolare “Ciò di cui non si può parlare”.
Spero che il suo principale difetto  – di non essere in effetti un post,  ma una verbalizzazione di riflessioni private e personalissime  – possa non impedirgli comunque di avere qualche spunto di interesse.


Partirei da qui: per allontanarmene subito, cercando per così dire di scambiare tra loro input ed output, sul filo del pensiero che la creazione artistica (e la composizione in particolare) possa essere un bell’esempio di una “psicosintesi” che non ha il suo pendant nella psicoanalisi, per fare il verso ad una bella pagina di Blumenberg.
Non si scrive senza conseguenze_ di questo, nessuno dubita.
Che cosa è comporre: non solo “fare anima”, ma  pensiero, creare mondi.
O piuttosto scoprirli, visto che vi è un luogo in cui ogni cosa in un certo senso già esiste.
Esiste, bisogna “soltanto” andare a prenderla, e portarla da questa parte.
Con questo non mi riferisco in nessun modo alle pratiche o alle disposizioni di appoggiarsi sul già fatto, ma all’apertura, che la mente creativa possiede, su ciò che è “a venire”.
Non direi che l’unica ragione dello scrivere, né la fondamentale, sia la necessità di trovare un senso (a ciò che non è detto che ne abbia alcuno); ma esiste anzi una scrittura che è creazione di apparenti non-sensi, di interstizi di ignoto (nei quali presto nuovi sensi verranno ad annidarsi), coagulazione di enigmi, movimento d’anima.

lunedì 31 marzo 2014

Gilberto Cappelli - Blu oltremare/Per Fausto


Parlare di compositori e brani è per me parlare del mio modo di ascoltare in un momento preciso. Sono attirato dai compositori con uno stile secco e un taglio netto, nel senso della fattura e della precisione concettuale della scelta. Per me comporre è questione di scelta, quella della materia, della tensione dell’arco e della progressione emotiva. Tutto si riunisce, e i compositori che sono capaci di mettere insieme queste mie esigenze di ascoltatore sono pochi e tra di loro non c’è un’apparente vicinanza, ma una sorta di sostrato comune che è dato dall’intensità e dal rigore verso il proprio originale punto di vista. Mi piace potere percepire l’aspetto non propriamente percettivo di un brano. 



lunedì 17 marzo 2014

Regole. Tra suono e politica.

E la voce di donna che stavo ascoltando in radio disse: 
           -... fu una grande soddisfazione, riuscii a fare avere le risorse necessarie al teatro e così poterono allestire tre opere. Poi, con riconoscenza che mi commosse, mi chiesero come potersi sdebitare e allora confessai il mio amore per il Don Giovanni di Mozart, che ha quel bel duetto: "Là ci darem la mano". Mi dissero che avevano già programmato il Don Giovanni un anno prima, ma questo non sarebbe stato un problema, e non lo fu. -

Il virgolettato non è giornalistico, probabilmente alcune parole sono inesatte, ma il senso rimase scolpito nella mia mente a lungo. Era probabilmente il 2003 quando ascoltai a Radio3 la voce della gentile Signora - Funzionario Pubblico (di cui non ricordo il nome), intervistata per raccontare le parentesi musicali della sua vita. Ricordo l'ossimoro: i sorrisi compiaciuti dei ricordi della gentile, quelli del conduttore e il mio profondo e ingenuo sconforto. 

La funzione sociale dei Direttori Artistici è importante quanto quella di chi costruisce i ponti delle autostrade o le scuole. Partiamo da una considerazione banale: se vuoi diventare Direttore Artistico devi essere nominato da un politico o da entità che godono d’influenza politica. Procedure selettive pubbliche (concorsi) semplicemente non esistono, o se esistono sono ben nascosti e soprattutto non si conoscono i criteri di giudizio. Alla fine vieni scelto. Punto. 

lunedì 3 marzo 2014

Andrew Hamilton - Music for people who lose people

Qualche giorno fa è apparso su questo blog un intervento nel quale un lettore - tra le altre cose - diceva più o meno che si sente la mancanza di personaggi che possano vantare un qualche appeal pop. Sono d'accordo: un po' di attitudine pop è qualcosa di cui c'è grande carenza, e che invece potrebbe costituire un segno importante di modernità.

È in questo contesto che mi è venuto in mente un compositore che ho incrociato alcune volte, l'irlandese Andrew Hamilton, e una sua opera che mi piace molto, "Music for people who lose people". 


lunedì 17 febbraio 2014

Monumenti

Oggi voglio parlarvi di Guillaume de Machaut e di monumenti. Ve ne parlo per una ragione semplicissima: mi tocca da molto vicino nel mio percorso compositivo di questi mesi. Allora tanto vale condividere qualche riflessione sparsa, per quello che vale. (Alcune di queste riflessioni diventeranno probabilmente un articolo per la rivista francofona Mouvement.)

La mia personale scoperta di Machaut risale al periodo degli studi in conservatorio, a Bergamo, quando il mio professore di storia della Musica propose di ascoltare il famoso Ma fin est mon commencement, senza svelarci in anticipo la simmetria sottostante. 

Ma fin est mon commencement è un rondò che nasconde la struttura di un canone retrogrado, in cui le due voci superiori si scambiano a metà le linee melodiche, e le ripercorrono all’indietro del tempo, mentre il tenor a sua volta, a partire da metà brano, rilegge al retrogrado tutto ciò che aveva appena cantato (il testo ne è emblema: “ma fin est mon commencement, et mon commencement ma fin”).
La scoperta a posteriori delle simmetrie o delle regolarità ha per me un gusto tutto particolare. È l’energia di una scarica di adrenalina che mi percorre quando ho la sensazione che qualcosa mi sovrasta, che qualcosa è infinitamente più grande di me. Ho la stessa sensazione quando penso al mio posto dell’universo, o al perché percepisco il fluire del tempo. La costruzione del rondò di Machaut è talmente semplice rispetto a queste domande universali, che l’adrenalina a posteriori può sembrare esagerata. Ma dopotutto, tra le righe di quel Machaut c’è esattamente il mistero del fluire del tempo, e il gusto agrodolce della finitudine. Forse per questo i processi formali così pieni di significato danno quella scarica di adrenalina: perché sono archetipi che rimandano a domande ben più grandi.

lunedì 3 febbraio 2014

Zeno Baldi - In Punta

Acrobata (s. m.) è chi cammina tutto in punta (di piedi): (tale, almeno, è per l'etimo): poi procede, però, naturalmente, tutto in punta di dita, anche, di mani (e in punta di forchetta): e sopra la sua testa: (e sopra i chiodi, fachireggiando e funamboleggiando): (e sopra i fili tesi tra due case, per le strade e le piazze: dentro un trapezio, in un circo, in un cerchio, sopra un cielo): volteggia su due canne, flessibilmente, infilzate in due bicchieri, in due scarpe, in due guanti: (dentro il fumo, nell'aria): pneumatico e somatico, dentro il vuoto pneumatico: (dentro pneumatici plastici, dentro botti e bottiglie): e salta mortalmente: e mortalmente (e moralmente) ruota: (così mi ruoto e salto, io nel tuo cuore):
(E. Sanguineti)



Ascolto In Punta per cinque strumenti – flauto, clarinetto, pianoforte, violino e violoncello – di Zeno Baldi, e cerco di mettere a fuoco alcuni aspetti che mi colpiscono.

Comincio dalla levità, o dalla leggerezza che mi suscita: è un senso che nasce dalla consapevolezza del peso dei suoni, dalla ricerca dell'equilibrio nelle loro relazioni. Zeno sa e sente che il suono ha una massa, e che suoni diversi hanno masse differenti. Così Zeno regola la stadera del tempo e appoggia ogni suono sul piatto, guardando che l'ago oscilli attorno allo zero, anche compiendo scarti e movimenti notevoli. Come l'equilibrista gioca con la paura della caduta, allo stesso modo il compositore ci trasmette questa costante sensazione: a tratti il suono si flette belando, oscilla per troppa pressione dell'arco, passeggia pericolosamente sull'orlo, come alludendo non solo alla citazione di Sanguineti, che ho ritrovato nella partitura, ma anche al funambolo che quarant'anni fa camminò sulla corda tesa di nascosto fra le torri gemelle.

I suoni oscillano, e nell'osservazione del loro moto perdiamo il senso della direzione. Non sappiamo dire che ore siano guardando l'oscillazione del pendolo, abbiamo bisogno di un contatore che lo faccia per noi, e che trasmetta il suo risultato alle lancette del quadrante. Ecco, Zeno ci dice che guardare sempre l'ora non è poi così interessante, ma che possiamo anche ipnotizzarci per un po' ascoltando l'avanti-e-indietro dei colpi d'arco in crescendo, oppure con alcune semplici note del clarinetto, e via dicendo. Forse potremmo anche dimenticarci per sempre del quadrante, ma il compositore pone un limite al mesmerismo, e così distogliamo lo sguardo per affondare in un'altra ipnosi.

lunedì 20 gennaio 2014

Scrivere per voce, un percorso storico

"La voce è qualcosa di diverso da uno strumento perché non si separa mai dal suo interprete. Si presta continuamente alle innumerevoli incombenze della nostra vita: discute col macellaio per l'arrosto, sussurra dolci parole nell'intimità, urla insulti all'arbitro, chiede la strada per Piazza della Carità etc. Poi la voce si esprime con i "rumori" comunicativi, come i singhiozzi, i sospiri, gli schiocchi di lingua, i gridi, i gemiti, i gorgogli, le risate."
Cathy Berberian

Dopo circa un secolo dal Pierrot Lunaire sono molti, ancora oggi, i dubbi e le perplessità che ruotano intorno al comporre per voce. Se con lo Sprechgesang si compì una profonda metamorfosi del canto e molto probabilmente dell’intero concetto di vocalità, molteplici sono le correnti stilistiche che sono venute a identificarsi nel decorso di questi ultimi anni, grazie a compositori specificatamente dotati alla scrittura vocale, e a interpreti di assoluto valore, che hanno saputo seguire le indicazioni e tendere l’orecchio anche verso sperimentazioni extracolte. Rispetto ai secoli precedenti, l’importanza del testo e soprattutto il rapporto con esso, nel ‘900 viene completamente stravolto e ripensato. Non volendo minimamente semplificare il discorso, credo che vi siano stati almeno due grandi filoni di pensiero, uno che fa capo ad autori che prediligono la comprensibilità del testo, e l’altro legato a compositori per i quali l’intellegibilità della parola non appare come necessità inderogabile. La voce, contrariamente allo strumento, possiede una duttilità e una freschezza di emissione unica, cantare, emettere suoni è dialogo profondo con la propria fisiologia.
Come compositori bisogna essere consapevoli del fatto che trattare la voce oggi significa innanzitutto porsi delle questioni che inglobino necessariamente l’aspetto tecnico a quello etico.
Cosa vuol dire dunque oggi scrivere per voce? Molto probabilmente chiedere al cantante di utilizzare in toto il proprio corpo, di porre in luce ogni sfumatura e ogni risorsa presente nel proprio apparato fonico. Senz’altro importantissime sono state le contaminazioni e le intuizioni che molti dei nostri, anche immediati, predecessori hanno esplorato. Penso ad esempio all’influenza che il blues e il jazz hanno prodotto sull’emissione vocale, che miste a fusioni etniche di vario tipo hanno prodotto risultati di assoluto valore, come non citare gli esperimenti minimalisti di La Monte Young e Terry Riley, che utilizzarono tecniche di canto indiano. Nel blues e successivamente nel jazz, l'uso della voce, di derivazione prettamente popolare, smette di essere "belcanto" divenendo, anzi ritornando "suono", espressione della propria identità umana prima ancora che artistica.

lunedì 6 gennaio 2014

Budrio, Dialoghi sul comporre

Tra il 28 e il 30 dicembre si sono svolti a Budrio, vicino Bologna, la seconda edizione dei Dialoghi sul comporre. Questi incontri sono nati dall’idea di Paolo Aralla di fare conoscere il lavoro di composizione assistita al computer di Andrea Agostini e Daniele Ghisi. L’incontro ha potuto realizzarsi pienamente anche per l’organizzazione calorosissima e attentissima di Giovanni Chessa, Claudia Cocchi e del Comune di Budrio, che ha sostenuto finanziariamente e logisticamente l’evento presso la sede delle Torri dell’Acqua.


mercoledì 1 gennaio 2014

2014: ora abbiamo bisogno di voi

Con l'avvento del nuovo anno, ci piacerebbe che /nu/thing diventasse uno spazio più aperto di quanto non sia ora: vorremmo chiedere a voi di segnalarci argomenti e brani interessanti.

Se avete temi, spunti, o conoscete musiche e compositori che ritenete significativi, belli o importanti, scriveteci all'indirizzo info@nuthing.eu. Idealmente, ci piacerebbe che da ognuna di queste mail potesse scaturire uno scambio di idee, e da qui poi un contributo di qualche tipo al blog, secondo le stesse modalità di discussione e di valutazione che adottiamo anche tra di noi e che fanno sì che le varie proposte di volta in volta diventino materiale di riflessione e indagine, o post autonomi, o vengano integrate all'interno di altri interventi. Non ci sono meccanismi o esiti predeterminati e non si tratta in alcun modo di un qualche tipo di comitato scientifico o reading panel: il tutto è assolutamente informale, e se ne usciranno cento post che porteranno firme altre dalle nostre sarà bene, e se non ne uscirà nessuno ma ci avrete aiutato a rinfrescarci le idee sarà bene lo stesso.

Per noi, è un modo di conoscere e far conoscere realtà e brani interessanti al di fuori del nostro campo visivo. Questo blog è nato per essere un vero luogo di scambio: perciò, ora, abbiamo bisogno di voi.

/nu/thing