Tra il 28 e il 30 dicembre si sono svolti a Budrio, vicino Bologna, la seconda edizione dei Dialoghi sul comporre. Questi incontri sono nati dall’idea di Paolo Aralla di fare conoscere il lavoro di composizione assistita al computer di Andrea Agostini e Daniele Ghisi. L’incontro ha potuto realizzarsi pienamente anche per l’organizzazione calorosissima e attentissima di Giovanni Chessa, Claudia Cocchi e del Comune di Budrio, che ha sostenuto finanziariamente e logisticamente l’evento presso la sede delle Torri dell’Acqua.
Nel gennaio del 2013 si sono organizzati tre giorni di seminari con l’obiettivo di informare i partecipanti, con l’implicita speranza di trovarsi e di parlare liberamente. Da quell’incontro, che ebbe successo, si decise di partire su un altro appuntamento, che avesse lo stesso obiettivo ma avesse anche dei momenti di presentazione libera di pensieri e lavori da parte di compositori.
Questo è avvenuto proprio tra Natale e capodanno nel dicembre scorso. Il seminario di composizione assistita è stato seguitassimo e richiestissimo; nel pomeriggio alcuni compositori hanno presentato delle questioni che sono state principalmente motivo di un dibattito molto ricco e coinvolgente. A questi incontri si sono associati degli interpreti (Keiko Murakami, Franco Venturini, Emanuele Torquati e Francesco Dillon), che sono venuti a dare man forte a quest’iniziativa nuova e che nasce dal basso.
I propositi di quest’incontri sono gli stessi che sono alla base di /nu/thing. Il dibattito, le idee, i compositori, i pezzi: insomma, i contenuti, che ci sembrano mancare, a volte, quando invece la programmazione è fatta cercando nomi o facendo passare la musica colta come qualcosa di leggero e in fin dei conti facile. La nostra musica non è facile, però è contemporaneamente e potenzialmente per tutti. Credo che la « musica contemporanea » o « colta » rinchiuda in sé il potenziale di valori che altre musiche non sempre hanno: la ricerca, la conoscenza, il progresso, la trasmissione, un mondo migliore, l’utopia, giusto per citarne alcuni. Qui sta la nostra parte, credo.
I dialoghi che abbiamo fatto mostravano infatti che i musicisti di oggi sono estremamente coscienti di quello che succede, che vivono con profondità il mondo sonoro di oggi e lo interpretano a modo loro con i loro brani. Tali riflessioni sono il frutto di una cultura della scrittura che è il centro di ogni riflessione e ogni trasmissione di sapere: comporre non è un modo per star fuori dal mondo, ma un modo particolare di starne al centro.
La voglia che ho sentito a Budrio e il calore del pubblico e dei musicisti è stato talmente forte da dare veramente l’impressione che qualche cambiamento importante è possibile, e che fare della musica un veicolo di conoscenza e pensiero libero non è cosa da altri tempi o mondi, ma che può succedere - ed è successo a Budrio - grazie ai compositori e grazie agli interpreti. I concerti hanno messo in risalto programmi apertissimi e curiosità musicali che toccano la ricerca e l’emozione, senza rinunciare a nulla. Il desiderio di darsi per la musica senza farne un mezzo di ascesa sociale era fortissimo, e finché durerà potrà produrre cose inattese. Ci siamo incontrati tra musicisti senza che nessuno ce lo dicesse; ci siamo dati un appuntamento e da lì sono nate emozioni e idee che danno un senso a quello che facciamo in solitudine, tra le note e i pensieri. Per me è stato straordinario e sono felice di avere avuto l’occasione di parteciparvi e di incontrare tanti musicisti che non conoscevo e di stare con gli amici di sempre.
Queste sono tra le riflessioni a cui pensavo alla fine dei Dialoghi. Ci sono spazi giganteschi in Italia per fare e provare cose nuove, forse anche più che in Francia o Germania. Quello che è successo a Budrio è un piccolo miracolo che, chissà, magari può diventare un punto di riferimento per coloro che credono nella musica, e in quello che questo può generare. Insomma, tutti a Budrio!!
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