Parlare di compositori e brani è per me parlare del mio modo di ascoltare in un momento preciso. Sono attirato dai compositori con uno stile secco e un taglio netto, nel senso della fattura e della precisione concettuale della scelta. Per me comporre è questione di scelta, quella della materia, della tensione dell’arco e della progressione emotiva. Tutto si riunisce, e i compositori che sono capaci di mettere insieme queste mie esigenze di ascoltatore sono pochi e tra di loro non c’è un’apparente vicinanza, ma una sorta di sostrato comune che è dato dall’intensità e dal rigore verso il proprio originale punto di vista. Mi piace potere percepire l’aspetto non propriamente percettivo di un brano.
Recentemente ho ascoltato un pezzo di Gilberto Cappelli in concerto; non conoscevo il compositore. La forza della proposta mi ha scosso. Gli elementi della sua poetica sono tra i più originali, strani e particolari che mi sia capitato di ascoltare negli ultimi tempi; note lunghe esasperate, contrasti di masse forti e piano, riprese infinite e colori espressionisti, così come linee melodiche che escono con cattiveria e follia. Mi è capitato di vedere una sua partitura: brevi e semibrevi, frasi lunghissime e dinamiche al limite del fattibile per i musicisti; pochissimi elementi incastrati con rigore e gusto dissacrante. Una cifra e un taglio di questo tipo non lo conoscevo e mi pare incredibile che sia così poco conosciuto alle nostre latitudini; Haas e Dufourt sono osannati in Europa ma il « tiro » di Cappelli mi ha convinto di più per la follia, il carattere completamente « altro » della sua produzione e la personalità. Ci sarebbero tante cose da dire, credo, su questo compositore. Vi lascio qui due link per ascoltare due cose sue, Blu oltremare, per ensemble, e Per Fausto, per violino solo [per qualche informazione di più ecco un link].
Gentile Eric,
RispondiEliminacredo che questa frase che hai scritto abbia un ruolo chiave per capire la ragione di queste tue scelte musicali:
"Mi piace potere percepire l’aspetto non propriamente percettivo di un brano".
In pratica stai dicendo che ti piace ascoltare ciò che non si può ascoltare.
In effetti credo che per ascoltare il primo brano (il secondo non l'ho ancora ascoltato) occorra una forte dose di cerebralismo. Quel pezzo si deve a mio parere ascoltare con la sola "testa", se possibile senza i propri sensi, come se fosse un ascolto filosofico. Se durane l'ascolto faccio partecipare qualsiasi mio senso estetico il brano inizia a darmi fastidio. Dunque hai ragione: del brano va percepito ciò che non è percepito.
Ovviamente quello che proponi non è il mio modo di ascoltare, però mi incuriosisce molto la tua maniera di "leggere" la musica. Sono andato infatti a curiosare su un altro tuo post, quello con la musica di Lang, e pure là ho notato che i criteri di ascolto devono per forza di cosa essere in un certo senso "filosofici", non estetici, non prettamente percettivi appunto.
Dunque, al di là dei pezzi che proponi, se ti va mi piacerebbe che tu scrivessi qualche riga sul tuo personale modo di "ascoltare" la musica. In particolare mi piacerebbe capire qualcosa in più su questo tuo modo di percepire il non percepibile.
Mi piacerebbe inoltre sapere se tu ascolti la musica oppure la pensi. Grazie.
Caro Massimo, in effetti non mi piace ascoltare musica, preferisco pensarla in quanto attività puramente spirituale, sublimarla in essenze e sostanze eteree; qualità seconde e terze. Che poi ci voglia come dici del cerebralismo per ascoltare Blu oltremare non sono tanto d'accordo. Però, almeno, non devo metterci tutta la pazienza che mi ci vuole per ascoltare Czernowin. Onestamente mi riferisco piuttosto a questa frase famosa forse di Chopin: "Detesto ogni musica che non contenga un pensiero latente".
RispondiEliminaGentile Eric,
RispondiEliminapoiché non amo basare la mia esperienza d'ascolto partendo dal verbo
"detestare", personalmente modificherei la frase (se di Chopin o di altri non
importa) in questo modo: "Non detesto ogni musica che non contenga un
pensiero latente". In questa maniera allargo il mio campo di ascolti. Per fortuna
la storia della musica ci ha consegnato grandi geni come Vivaldi
(che non pensava nemmeno di avere un "pensiero")
e Ligeti (che di pensieri ne ha avuti tanti, ben esternati attraverso la musica).
Pensa che con questa visione delle cose neanch'io ho bisogno di tanta
pazienza per poter ascoltare musica impegnativa.
Riguardo all'importanza che dai al non ascoltare la musica ma a
pensarla, ciò mi rimanda al significato del termine "esperto" per certi maestri
orientali: un individuo che guarda solo in una direzione ben precisa. Ovviamente non mi riferisco a te, faccio solo una riflessione a carattere generale.
Comunque sia, ho ascoltato altri lavori proposti in questo blog che trovo
interessanti e che si possono ascoltare prima che pensare. Coloro che li
hanno proposti forse non sono "esperti" e ciò mi rincuora non poco.
Un cordiale saluto
Max