Ammetto di essere stato notevolmente colpito dalla dichiarazione d'intenti e dal manifesto della SIMC, che sono stati pubblicati tra i commenti al recente post di Marco Momi, e che non conoscevo. Non voglio perdermi in perifrasi: credo che questo manifesto sia obsoleto e pericoloso. Vorrei cercare di spiegarvi perché e, per una volta, spulciarne le criticità, provando magari a proporre qualche alternativa. Trovo anche bizzarro che questi testi (dichiarazione d'intenti e manifesto), giunti su queste pagine direttamente da un socio della SIMC, Dario Agazzi, non si trovino da nessuna parte online – tanto meno sul sito stesso della SIMC.
Devo però fare due premesse.
Prima di tutto: prendo questo testo perché mi pare emblematico, ma lo considero più un sintomo del problema che il problema in sé. Visto che, a quanto ci è stato detto, la SIMC non riceve alcun contributo pubblico, questo post non riguarderà in alcun modo il problema della ripartizione dei soldi nella musica contemporanea, di cui Marco ha approfonditamente parlato. In ogni caso la SIMC è l'organo italiano aderente all'ISCM (International Society for Contemporary Music), e annovera tra i suoi soci molti importanti compositori italiani di oggi; vale quindi la pena, penso, chiedersi se il manifesto che ci rappresenta nel mondo sia un buon manifesto.
In secondo luogo: in questo tentativo di rilettura lascio volutamente da parte le critiche alla prosa e ai toni dello statuto. Probabilmente è uno statuto molto vecchio (la prosa sembra quasi inizio-novecentesca…) – in ogni caso non posso fare a meno di chiedermi se tra i vari importanti compiti della SIMC non debba esserci anche quello di mettersi al passo con i tempi (statuto compreso).