Non accade spesso che dei compositori siano anche interpreti. Intendiamoci, molti tra coloro che oggi scrivono, arrivano alla composizione da percorsi d’interpretazione più o meno significativi o in ogni caso dalla pratica del suonare (più o meno genere-esente). Dietro le musiche che sono marcate della locuzione "con influenze Jazz", ci sono spesso delle esperienze performative maturate in tali contesti.
Ci sono alcuni casi ben noti di direttori-compositori come Pierre Boulez, Peter Eötvös, Beat Furrer, George Benjamin, Enno Poppe, Esa-Pekka Salonen e Matthias Pintscher (la lista potrebbe continuare, il post precedente porta la firma di Filippo Perocco che è anch'egli compositore e direttore). Più di rado s’incappa in strumentisti-compositori (la parola ”strumentista" non mi è mai piaciuta, è qui messa per far riferimento agli interpreti che hanno pratica continua con uno strumento la cui tecnica esige il contatto fisico), tra questi troviamo il pianista-compositore Thomas Adès, la compositrice-vocalist Erin Gee oppure, tra i giovani italiani, lo stesso Stefano Bulfon (pianista) e Andrea Agostini (basso elettrico).