Dmitri Kourliandski, classe 1976, è ad oggi uno
degli esponenti di spicco della giovane e prolifica scuola russa contemporanea.
La sua musica, caratterizzata e idealizzata attraverso
quello che è stato definito “catastrofismo tecnologico”, raccoglie l’eredità
del movimento costruttivista di matrice russa degli anni ’20.
Quello che mi affascina della sua musica e del suo
pensiero compositivo è il modo di immaginare gli strumentisti e i propri
strumenti considerati come parti inscindibili di un unico corpo, potente e monolitico, spesso congegnato come meccanismo unitario dove farli
suonare (o risuonare) ossessivamente in un
incessante tutti orchestrale.
Secondo quest'ottica, etichettata come “oggettiva”,
l’ascoltatore diviene intimo osservatore dell’opera, in quanto ogni azione o
possibile evoluzione viene in qualche modo annullata dal continuo e incessante
procedere della dimensione temporale e sonora. Tendenzialmente è come sei i
suoi pezzi venissero azionati e spenti da un pulsante, e il brano assumesse le
fattezze di un misterioso marchingegno da osservare, scoprire e scrutare nel
più rigoroso silenzio.
Makis Solomos, nel suo The Post-Catastrophe World. Six theses to understand D. Kourliandski’s music afferma che “la musica di Kourliandski è immediata; ascoltandola per la prima volta, l’ascoltatore sente che l'ha capita: l'ha afferrata come se si trattasse di un oggetto, e proprio per questo contemporaneamente ne è stato sottomesso”.
Per ottenere tale
immediatezza, Kourliandski ha radicalmente tracciato una linea retta nel suo
universo: da un lato la plasticità di certe istruzioni, dall’altro la realtà che
si intromette, fisiologicamente, nella
sala da concerto.
I suoi suoni risultano instabili, intessuti in territori
di essenziale fragilità, grazie anche all’uso estremo e al limite delle
possibilità fisiche degli strumenti. Proprio per questo la produzione del suono
(strettamente inteso come conseguenza di un gesto) garantisce la minima
possibilità per il musicista di controllarne il risultato; inoltre la complessità e la costruzione della
struttura interna disabilitano una percezione differenziata della texture generale.
Mi pare interessante
notare che egli non tenta di definire il gesto bensì di limitare le sue
possibilità, in favore di una realtà percettiva, attraverso la creazione di un
cerchio strutturale. Questa sorta di "sottomissione" della libertà potrebbe
indurci a vedere la creazione come un atto di resistenza. Per questo la
staticità di alcuni parametri "oggettivi" e la "asoggettivizzazione"
dell'opera implica la (ri)costruzione di uno scenario "reale."
Come già accennato, la musica di Kourliandski si associa
spesso al concetto di "musica oggettiva", termine che egli stesso ha in
qualche modo coniato per una parte dei suoi lavori. Spesso le sue partiture
costituiscono una matrice nella quale egli stabilisce a priori periodicità, velocità,
direzione e carattere dei movimenti degli esecutori.
In Artificial
Life-support Machinery, un brano per orchestra del 2004, vengono indicati
solo il tempo strutturale e una serie di parametri combinatori, quasi a voler
semplificare al massimo tutto il materiale generale. Vi sono funzioni concrete
per ogni sotto-gruppo strumentale e nonostante tutto si percepisce il fluire
del tempo.
Si tratta di un versante per così dire
"politico", che sorge dalla realtà nella quale un esecutore prende
decisioni in funzione delle situazioni contingenti (l'ambiente sonoro,
l'intervento di altri strumentisti, etc.).
Alcuni di questi aspetti sono poi stati sviluppati
ulteriormente in “Lullaby dances” e
soprattutto in “The riot of spring” (un vero e proprio gioco di parole fra “The
rite of spring” e “Pussy riot”); questo brano è una vera e propria performance
teatrale, dove l’orchestra suona per lungo tempo un’unica nota e con sviluppi e
procedimenti alquanto astratti, mentre i musicisti vengono disposti sul palco e
fra il pubblico, fino a quando cedono la parola agli uditori, dando loro,
simbolicamente, il proprio strumento. Verso la fine del brano, mentre il
direttore indica le entrate, è il pubblico che interpreta l'opera stessa.
Con “Objectsimpossibles” (I e II) si segna nettamente un prima e un dopo nella sua
produzione. Fino ad allora, infatti, Kourliandski aveva cercato di creare architetture
compositive usando fattori esterni (l’arco del violino in “Broken memory”, i
battiti del cuore in "Lacrimosa", le automobili in entrambe le
versioni di “Emergency Survival Guide”),
successivamente egli inizia ad immaginare e cercare altre forme espressive per
garantire ai suoi lavori un certo tipo di autonomia.
Per l’appunto con “Objects impossibles”, eseguito per la
prima volta dall’Ensemble Intercontemporain nel 2010, inizia un nuovo viaggio,
una nuova direzione verso altri terreni di invenzione: lavorare con strutture
date e con strumenti addizionali che orbitano intorno all'opera.
Questo dittico rappresenta il culmine di sperimentazioni
intentate in precedenza e allo stesso tempo un punto di partenza per nuove
possibilità espressive.
Per “possibilità”, nel suo caso specifico, non si intende
un passo dall'ideale al reale, in quanto il processo di creazione può rivelare spesso
anche altre caratteristiche, o perfino un altro stato o natura. Questo potrebbe
aprirci a una riflessione su una questione latente negli anni sessanta, e non è
un caso che sia Nono che Donatoni si siano ispirati al medesimo argomento. In una
intervista del 1967, Donatoni cita la stessa frase di Robert Musil che Nono userà poi nel
1985 in “Altre possibilità di ascolto”: “il
senso della possibilità si potrebbe definire (anche) come la capacità di
pensare tutto quello che potrebbe egualmente essere, e di non dare maggiore
importanza a quello che è, che a quello che non è.”
Infine, ciò che trovo davvero interessante nella musica
di Kourliandski è che attraverso questa oggettività egli giunge a definire nitidamente
e direttamente alcuni aspetti della dimensione temporale; lasciando da parte il
concetto di altezza, egli “svuota” ogni organismo sonoro, strutturando forme
sonore essenziali, spogliate di qualsiasi connotazione tradizionale.
Buongiorno Raffaele,
RispondiEliminale faccio i miei complimenti per aver scoperto queste novità provenienti dal mondo russo, ma è tutto il blog che avrebbe bisogno di complimenti. Sul mio blog Percorsi Musicali, mi sono permesso (anche a favore dei lettori meno addentrati) di spendere due parole sul nuovo costruttivismo russo ed ho naturalmente richiamato il suo articolo.
Le porgo i miei saluti con stima,
Ettore Garzia