lunedì 20 ottobre 2014

Riflessione sullo stato della musica elettronica oggi, con carrellata all'indietro finale

Piccola premessa: proprio in questi giorni si svolge a Roma il XX CIM - Colloquio d'Informatica Musicale. Non c'è nessun legame ufficiale tra questo mio piccolo scritto e il Colloquio, ma la coincidenza mi piace.

Vorrei parlarvi di un intervento che ho sentito all’International Computer Music Conference di quest’anno. Il relatore era Cort Lippe, compositore, ricercatore e professore universitario americano; il titolo “Musings on the status of electronic music today” (“Riflessioni sullo stato della musica elettronica oggi”). Si tratta di un lavoro che tocca temi che mi interessano molto, benché in maniera che non condivido del tutto. Ma per cominciare, ecco il link all’articolo:


lunedì 6 ottobre 2014

Il compositore, le sue orecchie e le sue macchine da scrivere

Questo lunedì voglio prendere come spunto per qualche riflessione il nuovo libro di Fabien Lévy, pubblicato da Vrin, "Le compositeur, son oreille et ses machines à écrire". Si tratta di un libro destinato a musicologi e compositori (in modo particolare agli studenti di composizione) che analizza i rapporti tra scrittura e composizione nella musica occidentale.

La cosa che mi ha colpito a una prima scansione è stato ritrovare questioni e temi che sento di stringente attualità: il rapporto tra il formalismo delle avanguardie e il contenuto musicale, le problematiche legate alle teorie dei temperamenti, gli interrogativi sul concetto di "complessità", la critica del riduzionismo musicale, e così via.

Il punto di partenza per l'analisi è la differenza tra "grafemologie" e "grammatologie": il primo termine si riferisce alle tecniche di trascrizione, al modo in cui un evento sonoro viene rappresentato attraverso un certo numero di segni; il secondo si riferisce alle tecniche di scrittura, alle regole e ai modi con cui i segni possono essere combinati per produrre musica. Grammatologie possono naturalmente nascere da grafemologie, nel momento in cui una certa rappresentazione dei suoni (pensiamo ad esempio all'introduzione della "nota") diventa anche un modo per lavorare con essi, di combinarli, di organizzarli. In questo caso i segni sono entità autonome, che non si limitano a trascrivere eventi, ma inducono un certo modo di pensare gli eventi stessi.